L’arcivescovo di Udine sull’attentato a Dacca: “Non dobbiamo arrenderci al male”

Mazzocato: «I due friulani morti erano soltanto impegnati ad esercitare la loro professione di imprenditori. Per il bene loro, delle loro famiglie, ma anche della comunità in cui operavano»
Udine 27 Marzo 2016 messa pasquale in duomo ed organo nuovo © Petrussi Foto Turco
Udine 27 Marzo 2016 messa pasquale in duomo ed organo nuovo © Petrussi Foto Turco

UDINE. L’arcivescovo di Udine, monsignor Andrea Bruno Mazzocato, si è subito raccolto in preghiera quando ha saputo dell’attentato a Dacca, delle numerose vittime, fra cui anche due friulani, e delle modalità con cui sarebbero stati uccisi alcuni di loro.

Ecco l’intervista, curata da Francesco Dal Mas, riportata sul sito de La Vita cattolica.

Un’altra strage. Non resta che la preghiera, di fronte a tanta ferocia? Sheikh Hasina, premier del Bangladeh, ha detto, nel suo primo commento, che non si può uccidere in nome dell’Islam.

«Il primo pensiero, in questa tragica circostanza, come in tutte le altre di tanta ferocia, non può che andare alle vittime. E il pensiero si fa immediatamente preghiera affinchè il Signore accolga queste vittime innocenti con tutta la misericordia di cui è capace».

Abbiamo parlato con Fabio Tondat, di Cordovado, fratello di Marco, ucciso anche lui nel ristorante di Dacca, insieme a Cristian Rossi, di Feletto Umberto. Ci ha detto che era in attesa, insieme a sua madre Gemma, di conferme dalla Farnesina. La conferma che suo fratello fosse riuscito a salvarsi. La preghiera, dunque…

«Sì, la preghiera anche per i familiari, oltre che per le vittime. Preghiamo il nostro Signore perché dia forza al fratello e alla mamma di Marco e perché la dia anche alla moglie di Cristian e alle sue due bambini, gemelle. La forza di resistere al dolore e di ricominciare a vivere».

Non sarà semplice, perché ci si diceva che il quartiere di Dacca dove è avvenuto l’attentato era stato scelto dai due imprenditori friulani perché sembrava sufficientemente tranquillo.

«Oggi, con il male che imperversa, con una violenza disumana come quella che i testimoni del massacro hanno raccontato, non si può essere tranquilli da nessuna parte. Sembra proprio che il mondo sia attraversato dallo spirito del male».

Ma, allora, bisogna rassegnarsi, aspettare che passi anche questo male?

«Assolutamente no. Anziché isolarci ed avere paura, è necessario unire le forze e reagire, auspicabilmente con un supplemento di fede da parte dei cristiani, e con un supplemento di impegno per la pacificazione e la costruzione di un futuro più giusto, più solidale.

Questi friulani, ad esempio, erano soltanto impegnati ad esercitare la loro professione di imprenditori: per il bene loro, delle loro famiglie, ma anche della comunità in cui operavano».

E questo a quali conclusioni conduce?

«Non è un punto di arrivo, semmai di partenza. È indispensabile, oltre che urgente, un patto di solidarietà nuovo, fra tutte le componenti della società, finanche a livello internazionale».

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto