L’asso nella manica di Yoji: reinventare la tradizione con la saggezza delle nonne

Tavagnacco 25 ottobre 2019 Chef Tokuyoshi al Grop ©Foto Petrussi
Tavagnacco 25 ottobre 2019 Chef Tokuyoshi al Grop ©Foto Petrussi

Potrebbe sembrare strano, ma protagonista della serata di ieri alla locanda Al Grop è stata in qualche modo la cucina friulana, interpretata però dallo chef giapponese Yoji Tokuyoshi.

Quello che la stella Michelin ha proposto in Friuli è una tappa del suo progetto, che lo vede cucinare in giro per l’Italia assieme a una nonna del territorio, e questa volta è toccato alla friulana Cristina, che ha preso possesso assieme allo chef della cucina. Quindi, nel menù di ieri sera c’erano i “blecs”, ma anche la gubana, i moscardini e l’oca.

«Vogliamo imparare dalla tradizione – spiega Yoji, che è proprietario del ristorante Tokuyoshi di Milano –, non solo per quanto riguarda la cucina, ma anche la cultura, il pensiero, la storia. Per questo motivo cuciniamo con le nonne. Vogliamo che la tradizione diventi innovazione e l’innovazione un domani sia tradizione». Ma Tokuyoshi non vuole toccare l’essenza dei piatti tipici, anzi.

La cucina di Yoji: reinventare la tradizione con la saggezza delle nonne

«Nonna Cristina mi ha insegnato la sua tradizione, la sua abitudine di cucinare un piatto, che non abbiamo toccato – puntualizza –, mantenendo il prodotto come lo mangerebbe lei a casa sua. Quello che facciamo è capirlo, conoscerlo, adattandolo poi per proporlo ai nostri ospiti». «Mi è piaciuto tantissimo il dolce che abbiamo cucinato, la gubana – aggiunge –. Mai l’avevo preparata. La proponiamo esattamente come ce l’ha raccontata Cristina, aggiungendo un nostro tocco, la panna montata di gelato di tè matcha. Oppure i “blecs”.

Sono gli stessi che si trovano sulle vostre tavole, con qualche tocco innovativo. Se verrete nel mio ristorante a Milano da domani troverete in menù non qualcosa di friulano, ma qualche piatto influenzato dalla tradizione friulana».

E sulla contaminazione, sull’apertura delle menti e delle tradizioni, ma mantenendo salda la tipicità della cucina fiamminga hanno puntato gli chef che ieri hanno preso possesso della cucina della trattoria Al Grop: il belga Christophe Hardiquest (due stelle Michelin), il danese Joris Bijdendijk (una stella Michelin) e l’italo-olandese Eugenio Boer. «Ognuno di noi – spiegano i tre – interpreta questa cucina in modi diversi, ma tutti siamo convinti che da questa esperienza italiana torneremo a casa accresciuti. Siamo degli scopritori, dei conquistatori moderni, che fanno della vita un viaggio per tenere aperti i propri orizzonti in ogni senso».

Boer, che è proprietario del Bur a Milano, dove lavora con la moglie, interpreta i piatti fiamminghi «come un cuoco olandese che guarda alla tradizione della mia cucina, quella italiana, e gioca con la contaminazione, con la mente aperta», mentre Bijdendijk, che è lo chef del ristorante del Rijksmuseum di Amsterdam, ha un progetto in atto: far diventare lo stesso museo nazionale della storia olandese anche il museo dei prodotti olandesi. «Ho battuto tutto il territorio pezzo per pezzo – spiega –, alla ricerca dei prodotti migliori che ogni produttore è in grado di proporre.

Solo il meglio e solo quello che ogni singolo “farmer” pensa sia la cosa migliore da portare in tavola». Hardiquest, invece, si focalizza sulla tradizione belga, assieme alla moglie al Bon Bon di Bruxelles, e al suo grande staff, arricchito da una figura particolare: «da tre mesi lavora per me un vero ricercatore di tipicità ed eccellenze del territorio del Belgio, che siano identificativi del nostro paese. Per me l’importante è che il mio team stia bene, che lavori con serenità e che si senta a casa e realizzato. Il mio staff è composto da 26 persone per accontentare 40 ospiti a servizio».

Chi ieri sera ha scelto la cucina del trio fiammingo ha iniziato con una tartare di scampi, curry e uova di trota, passando attraverso un dashi di cavolo e alla selvaggina, per arrivare allo stufato di baccalà. E per dormire poi sonni tranquilli, gli chef hanno proposto il “rimedio della nonna” (non la friulana Cristina), composto da latte, cognac, limone, alloro e miele.

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