L’ateneo di Udine studia come fare rinascere i boschi distrutti dal maltempo

Gli studiosi sono partiti dal monitoraggio dei danni per studiare le conseguenze e creare un network delle università

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UDINE. Oltre 900 mila metricubi di legname a terra. Migliaia di alberi spazzati via dalla furia del vento. All’indomani dell’alluvione che lo scorso autunno ha colpito la Carnia e il pordenonese, i boschi delle nostre montagne hanno cambiato volto. Un fatto eccezionale ha snaturato il patrimonio boschivo del Friuli Venezia Giulia.

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Comeglians 01 Novembre 2018 mal tempo Agenzia Petrussi foto Massimo Turco

Le università di Udine, Padova, Firenze, Torino e Bolzano assieme alle Regioni interessate e la forestale hanno unito le forze e creato un network per studiare come ricostituire il bosco a seconda se il legname sarà o meno asportato. Gli studiosi sono partiti dal monitoraggio dei danni per studiare le conseguenze che possono provocare gli schianti e come ricreare i boschi perduti.

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«In Svizzera hanno già fatto studi di questo genere mettendo in evidenza le differenze dei diversi interventi», spiega il professor Giorgio Alberti, docente di Assestamento forestale e selvicoltura all’ateneo friulano, nel far notare che ogni evento è un caso a sé.

«Ci sono zone non servite dalla viabilità, altre servite da viabilità danneggiate dall’alluvione che vanno rimesse a posto per accedere ai boschi». Alberti lo sottolinea sapendo che l’assessore alle Foreste, Stefano Zannier, ha già detto che in alcune aree non sarà possibile recuperare il legname a terra anche se favorisce la proliferazione di parassiti che può danneggiare pure le piante sane. In alcune zone non è proprio possibile fare altrimenti. Ecco perché la stesura di una mappa diventa fondamentale per capire come e dove intervenire prima possibile. «Costituiremo un netwoork - precisa Alberti – per iniziare a fare misure e stipulare protocolli condivisi».

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La maggior parte delle proprietà interessate dagli schianti è pubblica. Si tratta di boschi di abete rosso e di conifere. Il network delle università dovrà decidere se ripiantare le stesse specie o se introdurne di altre anche in virtù dei cambiamenti climatici in corso. «In alcune zone è preferibile favorire i boschi a composizione mista, in altre invece sarà gioco forza mantenere la specie predominante che è l’abete rosso. «Sarà difficile forzare verso altre composizioni», aggiunge il professore ricordando «che il vento e un elemento di disturbo che in tutta Europa fa danni ogni anno».

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Peccato che il bosco danneggiato ha tempi di ritorno molto lunghi considerato che una pianta per diventare adulta non impiega pochi anni.

Al momento la Regione non dispone di una carta riassuntiva dei danni provocati in precedenza dal vento e questo sarà motivo per il network delle università di iniziare a monitorare la vita del bosco in tutti i suoi aspetti.


 

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