Latte contaminato, il Gip: un patto scellerato

L'inchiesta Cospalat, ecco cosa diceva Zampa agli allevatori per piazzare il prodotto contaminato: «Allungate il latte e annullate le analisi». Nell’ordinanza tutte le intercettazioni di sei mesi di indagini
Udine 21 Giugno 2013. Spaccio Cospalat. Copyright Petrussi Foto Press / Diego Petrussi
Udine 21 Giugno 2013. Spaccio Cospalat. Copyright Petrussi Foto Press / Diego Petrussi

UDINE. La parola d’ordine era «misciare». Annacquare, cioè, il latte contaminato con quello sano, per abbassare il livello complessivo di aflatossine presenti nella “massa” (ossia nel latte che, per l’appunto, era già stato mescolato). Renato Zampa, dall’alto della sua posizione di presidente del consorzio Cospalat del Fvg, lo ripeteva spesso ai soci.

Non a tutti, naturalmente, ma soltanto alla ristretta cerchia di allevatori che, come lui, puntava a trarre profitto anche dalle partite di latte che, a rigor di legge, avrebbero dovuto invece essere distrutte. Per il gip del tribunale di Udine, Roberto Venditti, che negli ultimi tre mesi ha letto ed esaminato una per una le trascrizioni della marea di intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate dai carabinieri del Nas dal giugno al novembre 2012, quello venuto configurandosi è un quadro probatorio più che sufficiente a sostenere le ipotesi di accusa e, in particolare, l’esistenza di un “pactum sceleris”.

Di una struttura criminosa - questa la tesi sostenuta dal pm Marco Panzeri e ribadita dal giudice in 167 pagine di ordinanza - finalizzata ai reati di frode in commercio, commercio di sostanze alimentari nocive e adulterazione di sostanze alimentari.

Il meccanismo. Per vendere il latte contaminato o privo delle caratteristiche qualitative previste per la trasformazione in Montasio Dop e latte di “Alta qualità”, Zampa - l’unico finito in carcere - e gli altri 6 indagati (Stefania Botto, Dragan Stepanovic, Paola Binutti, Gabriella Mainardis e Cinzia Bulfon, tutti ai domiciliari, e Roberto Alaimo, con obbligo di dimora) non avrebbero esitato a contraffare i documenti sulla provenienza del prodotto, occultare le analisi chimiche sulla non utilizzabilità del latte e usarne di nuove relative ad altre partite, mescolare latte non conforme con quello genuino per abbassare la concentrazione delle sostanze tossiche e consegnarlo ai vari caseifici.

Dell’attività frodatoria risultano essere stati vittime la “Toniolo casearia - Latteria di Selva”, la “Latteria di Cavolano”, di Sacile, e “Latte Vivo” di Feletto Umberto. A Stepanovic e Alaimo è contestato anche il furto di parte del latte contenuto nelle autocisterne e destinato al Consorzio o ai suoi clienti, per venderlo lungo il percorso a ignoti ricettatori, sostituendolo con acqua.

Gli “over 50”. La prassi era quella di «annullare» le analisi che avrebbero imposto al Consorzio la distruzione del latte con aflatossina M1. Nelle conversazioni dei vari indagati intercettate dai carabinieri, il verbo - adoperato in pratica come sinonimo di «occultare» - è ricorrente. Fare sparire le analisi “scomode” e ripeterle sul lotto successivo.

Anche perchè, come dirà lo stesso Zampa a un allevatore e alla Binutti, in caso contrario «in galera ci vado io». È il 13 novembre 2012 e il colloquio, in corso nell’ufficio di Cospalat, si chiude con una frase che, per i magistrati, rappresenta un’ottima sintesi. «La decisione - ricorda il presidente - è di eliminare le analisi fuori soglia». Soglia fissata dalla norma in 50 ppt per millimetro e ripetutamente superata da diversi consorziati. «Alcuni esiti - dice il 15 novembre la Binutti - sono veramente un disastro». Talvolta anche oltre quota 100.

Veterinari pilotati. «Il tenore delle dichiarazioni di Zampa ai soci è inequivoco - si legge nell’ordinanza - ed evidenzia la pervicacia del piano criminoso, realizzato con la complicità sia dei singoli allevatori, sia dei laboratori di analisi che eseguivano il suo ordine di non inviare nemmeno a Cospalat i referti oltre la soglia di attenzione, in modo che non vi fosse in azienda prova degli illeciti».

Il problema, a quel punto, era evitare che il veterinario dell’Ass incaricato delle ispezioni si presentasse quando il latte arrivava dagli allevamenti a rischio. Per dribblare i controlli non “addomesticabili” e liberarsi del più intransigente tra i veterinari, Mario Gentili, Zampa aveva cercato e trovato una sponda nel direttore dei Servizi veterinari della Regione Fvg, Manlio Palei, suo amico personale.

«Sai cosa gli ho detto io l’ultima volta che ho visto Palei - dice la Binutti al presidente, riferendosi a Gentili -? Secondo me tu dovresti mandarlo a Timbuktù». Poi, riferendogli un colloquio con Palei, aggiunge: «Il messaggio per te è di non agitarti tanto. E non fare tanta tracciabilità con la Microlab, perchè se i Nas vanno su, Microlab li deve tirare fuori i campioni e viene fuori che tu hai un 65».

Furbo come Berlusconi. La settimana tra il 7 e il 13 novembre è tra le più tese, perchè i prelievi effettuati in regime di autocontrollo dagli allevatori evidenziano molti sforamenti. È la Bulfon a comunicarlo alla Botto. Ma è poi Zampa, parlando con Stepanovic e l’allevatore Marcuzzi, a decidere.

«Allora... questo qui è da buttare via, digli che facciano sparire ogni traccia. Iacuzzi questo qui lo elimina. Rigonat lo elimina. Mason lo elimina. Questi sono buoni. Vecchiutti lo elimina. Da Doi lo elimina. Marcuzzi lo elimina perchè tu hai già preso i campioni. Segna in rosso quelli che sono da eliminare».

Uno che ci sapeva fare davvero, Zampa. A riconoscerglielo era stato anche l’amministratore di un caseificio di Agerola, in una telefonata in cui gli segnalava che nel latte inviato erano stati trovati valori oltre soglia. «Me lo dicevano che sei un grande guagliò, ma sei un grande davvero! Come Berlusconi!». Qualche risata e poi la risposta di Zampa. «Perchè la Chelab mi sta spaccando i c...ni, non è neanche un laboratorio ehm... certificato per quel tipo di analisi».

I ruoli. Incontrovertibile, per il gip, l’esistenza di un’associazione per delinquere. Affidata a Zampa la “patente” di «ideatore e organizzatore», il giudice indica nella Botto la segretaria amministrativa di Cospalat, ma anche la donna di fiducia del presidente e la «principale concorrente materiale e morale», in Stepanovic il responsabile degli autisti e «l’esecutore materiale di alcune condotte», nella Binutti la consulente di Zampa e talvolta «l’istigatrice», nella Mainardis e nella Bulfon i gestori del laboratorio Microlab di Amaro, che Zampa “pilotava” a proprio piacimento, e in Alaimo l’autista dell’Autotrasporti Chinoli.

L’arresto per frenarli. «Spregiudicatezza nelle strategie finalizzate alle frodi, disinvoltura nella distribuzione delle attività illecite tra i suoi sottoposti, palese disinteresse verso il bene della salute pubblica»: è il ritratto che di Zampa fa il gip e che lo ha portato a ritenere «del tutto inadeguata» la misura dei domiciliari, applicata invece ad altri cinque indagati.

Sussistente per tutti, alla base delle misura cautelari, il pericolo di reiterazione del reato. Anche perchè - ha rilevato il gip -, venuti a conoscenza dell’attività investigativa del Nas, gli indagati «avevano proseguito indisturbati e adottato anzi misure volte a eludere i controlli».

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