L’Austria vende Hypo Bank, in Italia cessione “spezzatino”
UDINE. È arrivata più di una offerta per l’acquisto di Hypo Alpe Adria Bank Italia. Ma è top secret sull’apertura delle buste di ieri.
Perché ciascun soggetto che ha presentato una manifestazione di interesse ha firmato un contratto di riservatezza. Di sicuro si sa che le proposte di acquisto non riguardano il pacchetto completo e quindi le 26 filiali sparse per il nord Italia saranno spezzettate.
Hypo Alpe Adria Bank spa, il cui capitale sociale è detenuto al 99 per cento dalla Repubblica d’Austria, attraverso la società di capitali austriaca Hbi-Bundesholding Ag, cede l’intero portafogli di mutui ipotecari performing da 160 milioni e tutte le 26 filiali.
Ad affiancare la Hypo nella cessione è il commercialista di Merano Haymo Unterhauser, ma sarà Banca Imi spa a gestire la vendita. Ieri a mezzogiorno l’apertura delle manifestazioni di interesse.
A ciascun soggetto interessato è stato inviato un contratto di riservatezza da sottoscrivere, unico viatico per accedere a maggiori informazioni e documenti utili al processo di vendita, nonché per conoscere a pieno il tipo di operazione e le attività oggetto della cessione. Allegati anche un memorandum e una lettera di procedura.
A questo punto i soggetti interessati dovranno presentare a Banca Imi entro venerdì 27 maggio un’offerta non vincolante che includa anche un possibile prezzo di acquisto.
Soltanto a questo punto i soggetti interessati avranno accesso ad altri documenti e dettagli in merito al processo.
Resta dunque appesa a un filo la sorte dei lavoratori. In Italia sono 157 i bancari coinvolti (122 occupati nella rete commerciale e 35 nella sede), di cui 54 in Friuli Venezia Giulia, altri cento tra Veneto e Lombardia e tre pure a Modena, in Emilia Romagna. Senza contare la chiusura o comunque la cessione di tutti le filiali della regione: quattro sportelli in provincia di Udine, uno a Pordenone e un altro a Trieste.
«Le proposte di acquisto ci sono, così come c’erano già state in passato, il problema è capire se il governo austriaco le ritiene congrue agli obiettivi». Guido Fasano, sindacalista della Fabi, pensa ai contatti per la vendita messi in piedi dall’ex direttore generale, Marco Gariglio, che ha lasciato la guida della banca a febbraio.
«Le dichiarazioni di interesse sono arrivate per sportelli o gruppetti di sportelli nel nord Italia – rivela Roberto De Marchi della Fiba Cisl –. Qualcosa potrebbe andare anche in porto, ma il rischio è uno spezzatino. Una macelleria di cui i lavoratori non hanno certamente bisogno».
Per evitare una vendita lunga, frammentata e dolorosa, a breve il ministero per lo Sviluppo economico dovrebbe attivare un tavolo di crisi, dopo la specifica richiesta avanzata dalla Regione. «Dobbiamo capire come affrontare la situazione», aggiunge De Marchi. «Abbiamo sollecitato l’attivazione del tavolo con il Mise e non è escluso che il ministero in tempi brevi possa accontentarci», aggiunge Fasano.
Il tavolo di crisi attivato dal ministero avrà una scadenza di tre mesi. Alla fine di questo periodo dovranno essere date risposte certe agli impiegati sulla via del licenziamento.
In calendario per la prossima settimana, mercoledì alle 11, c’è un incontro fra i sindacati e la proprietà che dovrebbe fare un po’ di chiarezza sul futuro della banca e dei suoi lavoratori.
L’avvio della liquidazione della banca è stato comunicato all’inizio di aprile ai sindacati. Un’accelerazione impressa a un iter che di fretta proprio non aveva bisogno. Inoltre le scadenze dettate dalla Commissione europea fissano la dead line al 2018.
Alla luce di questo stato di cose, assume contorni ancora più beffardi la lettera che il presidente di Hbi-Bundesholding Ag, Florian Schumi, aveva inviato al personale appena un mese prima, parlando dei «prossimi progetti e delle sfide che dovranno essere gestite con attenzione, nel miglior modo possibile». Lettera inviata in occasione del cambio del direttore generale, con l’ingresso cioè di Maurizio Valfrè al posto del dimissionario Marco Gariglio.
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