L’autonomia, l’ateneo e la ricostruzione: cosí Vittorino Meloni rappresentò il Friuli

Fu direttore del Messaggero Veneto dal 1966 al 1992. Innovò il giornale e lo mise al servizio di cause difficili. Il ricordo a dieci anni dalla morte

Dieci anni fa, il 7 gennaio 2009, il Friuli perse Vittorino Meloni. Nato nel 1926 a Mosciano Sant'Angelo (Teramo), dopo la guerra aveva lavorato per “Il Lunedì”, “Messaggero Veneto” e “Il Gazzettino”.

Uomo di poche e meditate parole, non concedeva facilmente confidenza, e non amava apparire in pubblico. Potremmo dire che “aveva un brutto carattere”, come sempre si dice di chi ne ha uno forte.

Assunse la direzione del Messaggero Veneto nel 1966 per invito di Lino Zanussi, che voleva un giornale moderato, di centro-sinistra, non in perdita: e lui, primo in Italia, produsse un giornale “a freddo”, ovvero in offset, illustrato quasi come un rotocalco.

Addio a Vittorino Meloni, il padre del Messaggero Veneto/DAL NOSTRO ARCHIVIO

Tre furono le direttrici principali del suo impegno: l'autonomia del Friuli, l'università friulana e la ricostruzione dopo il terremoto del 1976.

Condividendo l'idea di Tiziano Tessitori, il suo illustre suocero, pensava che fosse meglio, per il Friuli, essere la maggior parte della Regione Friuli-Venezia Giulia piuttosto che l'ennesima e marginale provincia del Veneto. Era tuttavia convinto che questa regione, molto composita, doveva essere bilanciata e all'occorrenza riformata (l'inchiesta ad hoc, da lui promossa, è raccolta nel volumetto intitolato “Quel trattino”).

TERREMOTO DEL 1976, QUARANT'ANNI DOPO: IL NOSTRO SPECIALE

Quando assunse la direzione di questo giornale, nel gennaio 1966, la Regione era da poco avviata, e lui vide con malcelata antipatia la nuova fiammata autonomista espressa dal Movimento Friuli, ne sottovalutò la forza e la durata e interpretò come istanza corporativa la richiesta della facoltà di Medicina a Udine, ma subito sposò la causa dell'Università friulana.

«Sbaglierebbe Trieste – scrisse – se, trovandosi a scegliere, alla vigilia della riforma universitaria, optasse per una vocazione municipalistica anziché per una regionale. I nostri politici, chiamati ad assolvere l'impegno, hanno dalla loro il generale consenso del Friuli. Quel Friuli – non dimentichiamolo – che volle nel 1947 la regione nella carta costituzionale e oggi, con la stessa vocazione democratica, vuole l'università a Udine come elemento fondamentale della cultura non per sé soltanto, ma per tutta la regione».

Quando già il progetto dell'università stava per concretizzarsi, scoppiò il terremoto del 1976, e Meloni capì che occorreva mettere il giornale al servizio di tutti i friulani. I suoi articoli di fondo, scritti con profondo coinvolgimento, divennero importanti “markers” per i politici e per i lettori del giornale.

Ma lui si sentì rappresentante e difensore delle istanze del Friuli, ferito quasi mortalmente, anche negli incontri serali all'hotel Astoria di Udine: era là che, impeccabilmente vestito, fra la primavera e l'estate del 1976 conversava con gli inviati dei grandi giornali, e poi, verso mezzanotte, andava alla sede del giornale in viale Palmanova. Egli ebbe, quindi, una rilevante influenza non soltanto sull’informazione regionale, ma anche su quella nazionale e internazionale.

I suoi “fondi”, scritti fra l'8 maggio e il 23 giugno 1976, furono poi raccolti nel libretto “La prima e le altre scosse” del 1989. Per un autoritratto, invero modesto per un uomo che ricoprì un ruolo di alto rilievo fino al 1993, conviene rileggere il passo finale della prefazione: «Ricordare, dunque, è necessario e importante. Non dimenticare i mille morti di quella terribile notte del 6 maggio 1976, non mettere da parte, con orgoglioso fastidio, il coraggio dimostrato e neppure sottovalutare il grande sforzo per sopravvivere e poi ricostruire. Ecco perché abbiamo deciso di raccogliere in un libro le frettolose e talvolta emotive note buttate giù, fra una scossa e l'altra, a cominciare dalla prima, durata tanti secondi da sembrare interminabile. Dedichiamo questo libro ai morti, ai ragazzi che allora non c’erano, ai valorosi che ci hanno soccorso, ai nostri giornalisti, inviati ogni giorno verso l’ignoto e il pericolo, ai nostri tipografi, che non hanno mai fatto mancare il Messaggero Veneto, giornale dei friulani, allora voce del popolo del terremoto, oggi della ripresa».

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