Lavoro, la richiesta di Fedriga al Governo: «Va ripensato il reddito di cittadinanza»
UDINE. Bene il tasso di occupazione, salito al 67,4%, ma la priorità resta quella di incrociare meglio la domanda e l’offerta di lavoro. E per riuscirci va rivisto, a livello nazionale, tutto il sistema degli ammortizzatori sociali e delle misure di sostegno. A partire dal reddito di cittadinanza.
«Uno strumento che va bene per le fasce non più rioccupabili, ma che va totalmente ripensato come misura per riportare nel mondo dell’occupazione e del lavoro attivo chi è in grado di lavorare. Altrimenti smette di essere uno strumento di crescita e fa un danno all'economia». Massimiliano Federiga non è sul palco dell’Auditorium di via Sabbadini, ma pur arrivando online le sue parole non sono quelle di un semplice saluto istituzionale. Il reddito di cittadinanza, del resto, non ha mai avuto la Lega tra i suoi sponsor, fin dai tempi in cui il Carroccio fu costretto a digerirlo come dazio da pagare all’allora governo gialloverde.
Di acqua sotto i ponti ne è passata, e anche i toni dell’offensiva leghista non sono sempre stati dei più duri. Lo stesso Fedriga, nel chiedere di rimettere mano alla misura, non getta il bambino con l’acqua sporca: lo strumento, afferma, può essere salvato come risposta alle aree di disagio più acuto, ma rischia di essere un danno nelle fasce potenzialmente attive: una posizione, questa, che trova proseliti anche fuori dal perimetro del centrodestra.
Più frontale, e con meno distinguo, l’attacco dell’assessore alle Attività produttive, presente in sala a Udine con la collega di giunta Alessia Rosolen. «Il reddito di cittadinanza – queste le parole di Bini – è uno strumento dannosissimo». Un disincentivo a «rimboccarsi le maniche» e un invito a «stare sul divano», aggiunge l’assessore, prima di snocciolare parole e numeri sulle misure di sostegno all’economia varate per aiutare le imprese a fronteggiare la pandemia. Su tutti i «70 milioni a fondo perduto erogati dalla Regione sui ristori», i 176 milioni «messi immessi nel sistema delle imprese nel 2021, oltre a 125 milioni derivanti dalla nuova programmazione Fse», e i primi bandi legati alla legge SviluppoImpresa.
Non basterà di fronte ai nuovi scenari di crisi che incombono, aggiunge Fedriga: «L’amministrazione regionale – spiega – ha compiuto una scelta chiara, quella di recuperare oggi più risorse possibili al fine di intervenire, nell'estate 2022, con misure molto importanti nei settori più in affanno. L’obiettivo è di difendere il sistema produttivo del Friuli Venezia Giulia e fargli superare lo scoglio della crisi internazionale». Questo in aggiunta alle nuove misure in cantiere a livello nazionale, a partire dal Decreto energia, annunciato per la prossima settimana, «con il varo di drastiche semplificazioni per gli investimenti nel campo energetico, in particolare per l’approvvigionamento nazionale».
Misure, rimarca il governatore, «che vedranno protagonisti anche i presidenti di Regione, con ogni probabilità come commissari, ad esempio per la realizzazione di strutture come i rigassificatori». Se il futuro preoccupa, i numeri del presente sono di conforto. Per l’Assessore al lavoro Alessia Rosolen sono il segno tangibile dei passi avanti fatti sul fronte delle Politiche del lavoro. «Partivamo da un’ottima legge, quella legge 18 approvata nel 2005 dalla giunta Illy, ma che aveva bisogno di un’accelerazione e che abbiamo rivisto nel 2019. Decisiva la scelta di mantenere il sistema del collocamento sotto la regia pubblica, contrariamente a quanto fatto in altre regioni, ma coinvolgendo i privati nell’accompagnamento e nella presa in carico».
Se un’accelerazione è necessaria anche sul fronte del personale dei centri per l’impiego (Rosolen parla di un fabbisogno di cento addetti), l’assessore rivendica la tempestività delle scelte e delle misure messe in campo. «Il Friuli Venezia Giulia – spiega – è stata la prima Regione a presentare il Programma operativo regionale Gol per le Politiche attive del lavoro, coordinando inoltre la programmazione degli interventi con gli interventi nell’ambito della nuova programmazione europea 2021-2027». Positivi anche i numeri della formazione e degli Its, con sbocchi occupazionali superiori al 90% per entrambi i sistemi entro il primo anno. Ma il miss-match tra domanda e offerta resta un problema di difficile soluzione. Un nodo, rimarca l’assessore, che è prima di tutto demografico.
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