Le aziende non pagano, categorie e consulenti tagliano il personale

Pordenone, dopo la cig a Confartigianato, Confesercenti lima l’organico. Notai, avvocati e commercialisti costretti a ridurre i costi
FOTO MISSINATO - CENTRO DIREZIONE GRIGOLETTI
FOTO MISSINATO - CENTRO DIREZIONE GRIGOLETTI

PORDENONE. Studi notarili e di commercialisti che sfoltiscono i dipendenti, avvocati che si associano per tagliere i costi degli uffici, liberi professionisti in panne perché le pubbliche amministrazioni non commissionano più progetti e consulenze.

La crisi colpisce non solo il mondo dell’industria – e altri grandi tagli di dipendenti sono stati annunciati proprio in questi giorni – ma anche il cosiddetto settore dei servizi. A fare i conti con la recessione, anche le associazioni di categoria, alle quali si appoggiano artigiani, commercianti, esercenti ed industriali per l’elaborazione delle buste paga, le dichiarazioni Iva, le incombenze col fisco. Ma se diminuiscono lavoro e imprese, di conseguenza diminuiscono anche gli iscritti e le loro quote versate.

La prima ad avere ristrutturato l’organizzazione è stata l’Unione degli artigiani. I 70 dipendenti delle cinque sedi in primavera erano stati messi in cassa integrazione in deroga per tre ore la settimana. Tre mesi di sacrificio, con 1.038 ore di lavoro che coprono il tempo pieno settimanale e 690 per il regime a part-time. Garantito il primo trimestre, a fine maggio ci sarà la verifica. Ora che è finita, spiega il presidente Silvano Pascolo, «resistiamo. E’ impensabile che una crisi di questa portata non abbia ripercussioni sulle categorie».

Si profila una riduzione di organico in autunno alla Confesercenti, che conta 7 dipendenti. «Non viviamo su un altro pianeta – spiega Diego Simonetti –. Cerchiamo di limitare i costi con accordi singoli e personali, anche di riduzione di orario». Il problema, spesso diffuso, è il ritardo dei pagamenti per le prestazioni erogate.

Confermato l’organico di 65 unità all’Ascom-Confcommercio, ripartite tra la sede centrale e le cinque mandamentali. «L’associazione – spiega il presidente Alberto Marchiori – fa da ammortizzatore nei confronti di chi è in difficoltà. Le prospettive vanno gestite con oculatezza. Il problema fondamentale è saper comunicare ai soci, alcuni dei quali pensano siamo un club e non erogatori di servizi e assistenza, che possono essere aiutati e supportati in questa grande crisi per definire rientri e pianificazioni con le banche».

Pur in una situazione di calo dei contributi, per effetto del calo di aziende, Unindustria, una quarantina di dipendenti tra associazione e quattro collegate, ha potuto controbilanciare con l’ingresso di una sessantina di imprese di Apindustria. «Il “fatturato” tiene – conferma il direttore generale Paolo Candotti – e i costi contenuti. La pianta organica resterà invariata, salvo un “tracollo” che fortunatamente al momento non vediamo all’orizzonte».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto