“Le Iene” dall’ex allevatore indebitato a vita con il Fisco

Servizio in tv sull’imprenditore da cui l’Agenzia delle entrate pretende 3 milioni 600 mila euro. Dal 2005 niente più animali nel capannone di Porcia, ma l’uomo continua a essere tartassato

PORCIA. L’allevamento di galline ovaiole di Gian Giacomo Comirato a Porcia, chiuso ormai dal 2005, è approdato alla ribalta nazionale del programma “Le Iene”, nella puntata di ieri sera. Una troupe della celebre trasmissione di inchiesta è stata lunedì scorso all’Agenzia delle Entrate a Pordenone per la vicenda dell’allevatore che si è visto recapitate una cartella da 3 milioni 600 mila euro e che ha lo stipendio sequestrato per un quinto. Il servizio è stato curato da Riccardo Spagnoli.

Protagonista, suo malgrado, della storia resa nota alcuni mesi fa dai media è il trentasettenne veneto Gian Giacomo Comirato che, a novembre, ha ricevuto una cartella esattoriale da 3 milioni e 677 mila euro, contro la quale non può più ricorrere per scadenza dei termini e che gli ha causato una serie di conseguenze.

Comirato nel 2001 avvia un allevamento di 20 mila galline a Porcia: attività finalizzata alla vendita di uova ad alcune grandi aziende. La sua attività chiude nel 2005, ma nel 2006 una delle aziende che riforniva finisce nel mirino della guardia di finanza a causa di alcune questioni fiscali. Per lui non c’è alcuna conseguenza, tanto che la sua posizione viene archiviata, ma a due anni dalla chiusura della attività ecco un’ispezione della guardia di finanza nel suo capannone. «Visto che non trovano nulla - afferma l’ex imprenditore a novembre, quando la vicenda viene resa pubblica - hanno ritenuto che non avessi mai allevato galline e hanno rivisto i miei bilanci con i regimi fiscali per i commercianti, che sono più elevati di quelli da agricoltore».

Di certo c’è che all’indirizzo dell’ex allevamento di Comirato vengono inviate 5 cartelle esattoriali che l’uomo dice di non aver visto e di non aver quindi potuto impugnare: la legge, sul punto, stabilisce che le cartelle siano inviate all’ultimo domicilio indicato nella dichiarazione dei redditi, e Comirato aveva indicato quello del capannone di Porcia, chiuso però da anni. Gli atti vengono affissi all’albo pretorio di Porcia, ma lui, residente in Veneto, non ne prende visione. Di qui l’arrivo di una cartella da 2 milioni 400 mila euro, cifra enorme che l’imprenditore non riesce a spiegarsi. Il ricorso alla commissione tributaria è bocciato per la scadenza dei termini e a questo si aggiunge il problema della scomparsa del suo commercialista.

Ora la situazione è definitiva e il debito è salito a 3 milioni 677 mila euro. Come conseguenza Equitalia pignora il quinto del suo stipendio, ora da operaio part-time, e gli prende tutto quel che era possibile sequestrare.

La vicenda, che lo scorso novembre aveva avuto una ribalta nazionale, al momento in cui era stata resa nota, perché, di fatto, l’uomo si ritrovava ad avere un debito a vita con il fisco, è tornata alla ribalta ieri sera, con l’Agenzia delle Entrate sollecitata dalle Iene. E chissà che a questo punto non si arrivi a una soluzione positiva.

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