Le sorgenti del Piave “salutano” il Veneto e passano in Friuli

Il Friuli Venezia Giulia ha siglato a Belluno l’accordo con Veneto e Demanio con cui ha acquisito tutta la documentazione amministrativa e catastale relativa al territorio sappadino e grazie alla quale è stato dato avvio al trasferimento definitivo al demanio idrico regionale dei beni di proprietà statale ubicati nel Comune di Sappada

UDINE. Le sorgenti del Piave “salutano” il Veneto e – amministrativamente – si trasferiscono sotto il capello giuridico del Friuli Venezia Giulia. Nessuna novità potrà dire chi ricorda la legge approvata dal Parlamento, il 5 dicembre 2017, attraverso la quale si è sancito ufficialmente il ritorno di Sappada all’ex Provincia di Udine.

In realtà, però, la situazione è leggermente diversa oppure un pochino più complessa per dirla alla Andreotti.
Il Friuli Venezia Giulia, infatti, ha siglato a Belluno l’accordo con Veneto e Demanio con cui ha acquisito tutta la documentazione amministrativa e catastale relativa al territorio sappadino e grazie alla quale è stato dato avvio al trasferimento definitivo al demanio idrico regionale dei beni di proprietà statale ubicati nel Comune di Sappada.

Il passaggio riguarda le pratiche afferenti alle “Concessioni/utilizzazioni di beni del demanio idrico interessanti anche il Comune di Sappada” (14 fascicoli) e le pratiche afferenti alle “Concessioni idrauliche” (una cinquantina).

Le ulteriori pratiche afferenti sempre ai beni del demanio idrico oggetto del trasferimento e relative ad altre tipologie di utilizzo saranno invece trasferite successivamente secondo modalità autonome che verranno concordate tra l’Agenzia e le Direzioni centrali friulane.

Burocratese a parte, in ogni caso, questo significa che con il passaggio del demanio idrico al Friuli Venezia Giulia non soltanto si completa un tassello fondamentale nel percorso di trasferimento delle proprietà del Comune dolomitico, ma anche del “controllo” sulle sorgenti del Piave.

Sì perché il luogo dove nasce il “fiume sacro alla Patria” è raggiungibile semplicemente completando un percorso di otto chilometri che parte da Cima Sappada e arriva in Val Sesis. Tutto, appunto, nel territorio del Comune di Sappada che poco più di un anno e mezzo fa, dopo una lotta durata quasi un decennio, ha ottenuto di dire addio al Veneto e di passare al Friuli Venezia Giulia.

Un braccio di ferro con Luca Zaia vinto, alla fine, dall’allora presidente Debora Serracchiani – grazie ai voti di un Parlamento in cui la maggioranza era in mano al centrosinistra –, ma che non è bastato a placare le polemiche. E non stiamo parlando soltanto di mal di pancia “di popolo”, ma anche – se non soprattutto – a livello istituzionale.

D’altronde basta riavvolgere i nastri della memoria fino all’adunata interregionale degli alpini di Vittorio Veneto dello scorso anno per capirlo. In quell’occasione, infatti, Zaia riaprì la partita di Sappada con poche, ma chiare parole rivolte alle penne nere friulane. «Noi vi abbiamo dato Sappada – disse il governatore –, ma le sorgenti del nostro fiume Piave le rivogliamo indietro».

Frasi che non hanno sortito molti effetti con il passaggio di proprietà ufficializzato a Belluno che segna, probabilmente, un punto di non ritorno.

A meno che Zaia non decida di riprovarci ancora, magari telefonando al suo compagno di partito Massimiliano Fedriga, per quanto al momento il governatore veneto si sta giocando una partita molto più grande e complessa di quella per una porzione di terreno montano e cioè quella battaglia per l’Autonomia che a Roma – ormai è evidente – non vedono di buon occhio. Almeno nella metà “gialla” che siede al Governo del Paese. —
 

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