Le statue di Venzone tornano sul duomo dopo 41 anni dal terremoto

Un nuovo passo in avanti per il recupero della memoria perduta nel 1976, l'anno che ha segnato la storia del Friuli. A realizzare le copie delle opere originali, conservate all'interno della chiesa, l'artista romeno Dimitru Ioan Serban. Per uno strano gioco del destino, lo scultore aveva già visto le statue 24 anni fa quando, con una borsa di studio, era arrivato a Venzone da Bucarest. E si era innamorato della tenacia dei volontari che hanno fatto rinascere il Friuli dalle macerie
 

Il nuovo San Michele è già su un piano dell’impalcatura, viene agganciato a un tirante, sollevato e posizionato sul coronamento del duomo di Venzone. Davanti al sagrato residenti e turisti fotografano l’operazione cercando di capire se e quando quelle statue sono state rimosse dalla cattedrale.

Chi ha quasi 50 anni non ricorda, non ha mai visto il duomo con le sue statue originali. I più anziani, invece, non credono ai loro occhi: «Finalmente il duomo ricostruito com’era e dov’era sarà completato». Mercoledì, alle 10.30, la Pieve e il Comune, con la Soprintendenza Archeologica e belle arti e la Regione, celebreranno il licôf del ricollocamento delle copie delle statue sui portali e sulle absidi: le sculture originali sono troppo fragili per essere esposte all’esterno.
 


La cerimonia precede il 41simo anniversario del terremoto del 15 settembre che nel 1976 provocò il crollo del campanile e di quel che rimaneva del duomo di Venzone distrutto a maggio. Quella che stiamo per raccontare è una storia di ricostruzione e speranza che in una mattina di settembre, i protagonisti di allora descrivono volentieri alle croniste mentre si preparano a salire sulla sommità della cattedrale. Il racconto parte dal 1976 e dal recupero delle 12 statue medievali a coronamento del duomo. Le grandi sculture furono depositate in un magazzino che un incendio doloso distrusse nel 1983.

Il restauro delle statue del duomo di Venzone: un segno di speranza, ricostruire i luoghi d’arte si può
Venzone 05 Novembre 2016 Sculture del coronamento restaurate Copyright Petrussi Foto Press / Bressanutti

La combustione, come conferma il docente di Chimica del restauro all’università Ca’ Foscari di Venezia, Guido Biscontin, danneggiò molto più gravemente del sisma quelle gradi figure scolpite nel 1308 dal maestro Giovanni. E come se non bastasse qualcuno rubò e fece sparire pure la testa del San Michele. Quando arrivarono nel laboratorio della società Esedra, i restauratori Claudio Di Simone, Silvia Vanden Heuvel e Michela Scannerini si trovarono di fronte a statue fragilissime, alcune, è il caso della Madonna dell’Annunciazione, ridotte in 32 pezzi. «Proprio perché mancavano molti elementi – spiega Di Simone –, bisognava ottenere un modello che rispettasse l’unità dell’immagine». In questa fase preziose si rivelarono le fotografie scattate negli anni Sessanta e conservate negli archivi della Soprintendenza alle belle arti. Ma nonostante ciò, lo attesta la crocefissione ricomposta in Duomo dove sono conservate i 12 originali, alcune fratture resteranno per sempre evidenti.
 

«Ottenere il modello, o meglio il calco, è stato fondamentale anche per fare le copie», continua Di Simone mentre, lassù a 20 metri di altezza, osserva la replica del San Michele che sta per tornare al suo posto, sulla facciata nord, accanto al crocefisso e ai due dolenti. «Il programma – continua Di Simone – proseguirà con il posizionamento dell’altra Annunciazione e di Eva sul fronte sud e delle altre statue sulle absidi». Il piano è stato definito sulla base della predisposizione definita nel corso della ricostruzione, pietra su pietra, del duomo. «Siamo partiti da lì valutando i carichi e i pesi delle sculture», precisa il restauratore facendo notare che torneranno al loro posto pure alcuni capitelli e le patere romaniche veneto-bizantine.

«Entro l’anno tutte le copie delle statue del coronamento del duomo saranno al loro posto». Il parroco di Venzone, monsignor Roberto Bertossi, ha seguito le varie fasi del restauro e dell’esecuzione delle copie delle sculture: «Questo momento permette di avere una visione del fronte nord con le sue statue che nella memoria è sparita, quelli che hanno meno di 50 anni non ricordano, mentre gli altri ritroveranno il duomo di prima». Don Bertossi spiega, però, che al momento, sopra il portale nord non sarà ricollocata l’Annunciazione. «Porteremo la Madonna e l’Arcangelo Gabriele in duomo a fianco degli originali per dare la possibilità alla gente di apprezzare, ad altezza naturale, le opere e le loro copie. Un’occasione che non si verificherà più».

Novemila pietre numerate, così il duomo è risorto



 

Quel lavoro di squadra che non è mai venuto meno. Dopo la distruzione del 1976 i volontari, i cittadini, gli studiosi dello Iuav e la Fabbriceria del duomo – «una delle poche in Italia», spiega il fabbriciere Aldo Di Bernardo – unirono le forze e ricostruirono il duomo pietra su pietra seguendo il concetto di anastilosi. 41 anni dopo lo stesso spirito di squadra anima i restauratori di Esedra, l’artista Dimitru Ioan Serban, monsignor Roberto Bertossi, il sindaco, Fabio Di Bernardo, il professor Guido Biscontin, il soprintendente alle belle arti Corrado Azzolini assieme alle funzionarie Katia Michelan, Stefania Casucci e Maria Concetta Dimico. Sono loro ad aver messo a punto il progetto per ricollocare le statue di coronamento sul duomo di Venzone. Statue che per dimensione e dettagli estetici fanno pensare che nel 1308 non fossero state pensate per essere esposte all’esterno.
 



 


C’è qualcosa di speciale che lega l’artista alla sua opera. È una sorta di vertigine alla bocca dello stomaco, un enorme braccio meccanico che lo pesca da un posto lontano e lo catapulta davanti a un obiettivo. Questo è quello che è successo a Dumitru Ioan Serban, l’artista rumeno che ha creato le copie delle statue del coronamento del duomo di Venzone. Lui quelle statue le aveva viste 24 anni fa quando, arrivato da Bucarest con una borsa di studio, era stato invitato a Venzone, a studiare le pieghe delle opere che avrebbe dovuto riprodurre decenni dopo.

Ha ripensato spesso a quel periodo Dumitru. Anche quando ha posizionato la statua di San Michele sulla sommità del duomo a 20 metri di altezza. Non ha smesso di pensarci nemmeno quando, mesi fa, aveva di fronte a sé blocchi di pietra e un obiettivo: replicare le statue che né il terremoto né l’incendio avevano distrutto completamente. «Prima di iniziare a lavorare entri in paranoia – racconta Serban – perché la scultura è un’arte spietata: se sbagli non torni indietro». E lì la scarica di adrenalina. Tac, tac, tac... una scalpellata e la pietra diventa mani. Tac, tac, tac, occhi e bocca, viso.


«Quando lavoro il mondo intorno a me scompare», conferma Dumitru. Riprodurre una copia impone una rigidità di metodo. La statua viene divisa in “punti”, ognuno dei quali viene riprodotto fedelmente. Più punti ci sono, più tempo impiegherà l’artista per terminare il lavoro. «Bisogna immaginare la statua come una foto composta da pixel. Ovviamente ogni pixel ha un dettaglio che deve essere riprodotto fedelmente», spiega l’artista che per la statua di San Michele ha dovuto copiare più di 3.000 punti. «All’artista spettano quei tre millimetri della superficie più esterna», aggiunge con modestia Dumitru che quando si azzarda un paragone ai grandi scultori italiani precisa con ironia: «Io come Michelangelo? Non credo che qui ci sia papà Pio X».

La sua è stata una sfida con un evento che ha segnato il Friuli, forse una missione: rimettere al loro posto le statue crollate 41 anni prima. Il lavoro di Dumitru poteva essere sostituito da quello di una macchina. «Esistono macchinari che, tramite frese, riproducono le opere – spiega il restauratore Claudio Di Simone –, ma ci sarebbe voluto un materiale più fragile e i costi sarebbero lievitati». Anche in questo caso l’uomo, il suo essere “Faber”, vince sulla macchina. E viene da dire «per fortuna». Perché una fresa non potrà mai sostituire la magia di un ultimo soffio che toglie la polvere prima del completamento di un’opera. Non potrà mai smentire la sensazione che Dumitru fosse destinato a riprodurre le statue dopo averle viste 24 anni prima. Soprattutto le macchine non potranno mai riprodurre l’emozione che proveranno i friulani nel rivedere il duomo di Venzone come 41 anni fa, con le sculture nel posto in cui avrebbero dovuto essere. Anche in questo caso è una sensazione che assomiglia a una vertigine. È destino.

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