Le storie dei minatori, Caneva non dimentica

La festa di Santa Barbara l’occasione per ricordare chi ha sofferto in miniera. La fatica, le privazioni, le malattie: «Dovevamo lavorare in ginocchio o distesi»

CANEVA. Figlia di Arduino Martinuzzo che ha fondato l’Aiem (a lui Arduino è stato dedicato il Museo del minatore) Barbara Martinuzzo presiede l’associazione, accogliendo con un sorriso e una stretta di mano gli ex minatori arrivati alla festa di santa Barbara.

Con i ricordi di sofferenze e fatiche in fondo ai pozzi, ognuno ti parla di Arduino Martinuzzo, il “padre dei minatori” con la “possiera”, ideatore dell’Aiem, amico della deputata e ministro della Repubblica Tina Anselmi.

Scampato al disastro di Marcinelle (262 morti, l’8 agosto 1956) Arduino diventa leader dei minatori. «La lotta assieme ai lavoratori di miniera – aveva scritto di lui Tina Anselmi – e il riconoscimento da parte delle Istituzioni della silicosi e asbestosi quali malattie professionali, costituiranno una delle sue battaglie più impegnative. Una battaglia che riuscirà a vincere».

Luigi Mandis di Orsago premette di essere sempre stato «il braccio destro di Arduino Martinuzzo fino all’ultimo», prima in miniera, poi nelle tante iniziative dell’Aiem. I ricordi più brutti sono quelli in fondo al pozzo, come quando il terzo giorno di lavoro è rimasto ferito alla schiena o quando «mi hanno detto che avevo la silicosi, che non sarei guarito, e che se continuavo a lavorare in miniera avrei peggioratao la mia condizione». Lasciata la miniera Luigi Mandis arriva alla pensione emigrando prima in Svizzera poi in Germania, dove fino al 1975 lavora a Stoccarda per la Mercedes.

Anche Giacobbe Dal Cin è originario di Orsago e partecipa sempre alla festa di Santa Barbara. «Ho iniziato a lavorare in miniera al Boi du Luc – racconta – il 27 settembre 1955, avevo 28 anni. La galleria era alta da 60 centimetri a poco più di un metro. Lavoravo in ginocchio o disteso. Il momento più brutto? Quando mi hanno detto che avevo la silicosi. Alla fine di dicembre del 1958 con Luigi Mandis ho lasciato la miniera. Rientrato in Italia, dopo due anni sono emigrato in Svizzera a Zurigo in una fabbrica della Singer. Dal 1973 sono in pensione».

Bruno Ibic, di San Giovanni di Polcenigo, in poche parole accenna alla sua storia: «Dopo aver fatto il servizio militare trovavo solo lavori saltuari. Nel 1955 mi sono deciso a partire per la miniera, avevo 22 anni. Sono stato in fondo ai pozzi sia a Boi du Luc che a Marcilelle, al Boi du Cazier , la miniera del disastro. Mi è andata bene. Rientrato in Italia sono emigrato nuovamente in Germania, lavorando da metalmeccanico fino alla pensione».

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