“Le voci dell’inchiesta”: 11 mila in sala e tanti giovani
«Diffondere qualcosa che qualcuno non vuole si sappia». Un giornalismo in qualche modo molesto. E non accondiscendente, come ce lo ritroviamo nel quotidiano. A volte, ogni tanto, spesso. Dipende. Qui, nell'unico avamposto italiano favorevole alle voci urlate ed educate, ma sempre voci, e alla libera circolazione di qualche fattaccio zittito dal sistema, rassegna dopo rassegna – e abbiamo appena spento la settima – il check up del festival pordenonese e voci dell’inchiesta, sul quale ieri è calato il sipario, non ha segnalato valori fuori range.
«È tutt'altro che malata – ne è certo il direttore artistico Marco Rossitti –, piuttosto sana direi. E viva. E per nulla intenzionata a farsi da parte, come il trend vorrebbe». Lo diciamo noi, così non sembri un dato di parte: nelle cinque giornate delle pordenonesi Voci dell'inchiesta si è notato raramente il buco in platea. La gente è a digiuno, ha una terribile forma bulimica del conoscere, approfondire, farsi una benedetta idea. I numeri sono matematica fredda e indicano senza calore, eppure servono per contestualizzare: 11 mila presenze, con tanti giovani, a Cinemazero, contando il sold out del Verdi per Travaglio.
E nel 2014? Rossitti si fa tradire da un sorriso del tipo: ho un bel po' di cose, le dico o non le dico? Le dice. «Il 3 gennaio 1954 nasceva la televisione italiana. Non serve aggiungere altro, mi pare. E il 20 marzo 1994 moriva assassinata Ilaria Alpi. Vent'anni dopo c'è ancora il coraggio di mettere sulla bilancia la notizia e la propria vita e vedere cosa pesa di più?».
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto