Leasing dopati alla Hypo Bank, chiesti 40 anni di reclusione

Udine, il pm ha confermato le accuse di associazione a delinquere e truffa per l’ex dg e altri cinque responsabili
L’ex sede della “Hypo Alpe Adria Bank”, a Tavagnacco
L’ex sede della “Hypo Alpe Adria Bank”, a Tavagnacco

UDINE. Tutti sapevano, ai piani alti dell’avveniristico palazzo di vetro di Tavagnacco. E nessuno si ribellava, di fronte alle direttive dell’allora direttore generale Lorenzo Di Tommaso. Che, dopo avere architettato un raffinato meccanismo in grado di gonfiare gli interessi dei contratti di leasing di migliaia di ignari clienti della “Hypo Alpe Adria Bank”, sarebbe riuscito anche a tessere una rete di complicità strategiche negli uffici chiave dell’istituto.

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Questo pensava la Procura di Udine quando, sei anni fa, diede corpo all’inchiesta, ipotizzando l’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa e calcolando in 88.134.000 euro i rincari complessivamente applicati ai 54.568 contratti alterati a partire dal 2004, e tale è rimasto il convincimento a conclusione del processo celebrato a carico dei sei imputati, tutti chiamati a rispondere in forza dei ruoli all’epoca rivestiti.

Nel tirare le fila della lunga istruttoria dibattimentale, il pm Barbara Loffredo ha chiesto la condanna di tutti per un totale di quasi 40 anni di reclusione.

La pena più alta, indicata in 8 anni e 8 mesi, è quella formulata nei confronti di Di Tommaso, 65 anni, di Udine. A seguire, i 6 anni e 3 mesi proposti per Daniele Metus, 59, di Moruzzo, ex vice direttore generale, Carlo Bellogi, 57, di Udine, ex responsabile del “Legal service” e della funzione reclami ed ex componente dell’organo di vigilanza, Nadia La Neve, 53, di Udine, ex responsabile dell’area “Credit processing”, Andrea Micalich, 54, di Udine, ex direttore commerciale della rete agenti leasing e direttore generale di “Hypo Alpe Adria Finance”, e Paolo Pellicciotti, 50, di Udine, ex responsabile del “Market support” e direttore generale di “Hypo Alpe Adria Leasing”.

Nel confermare l’impianto accusatorio contestato sulla scorta dell’approfondita attività d’indagine condotta dalla Guardia di finanza, il pm ha tuttavia rilevato l’intervenuta prescrizione per le quattro ipotesi di truffa più risalenti nel tempo.

Una montagna di documenti e, in particolare, di mail conservate nelle caselle elettroniche degli imputati, le consulenze tecniche disposte in corso d’indagine e le testimonianze ribadite anche in aula da decine di persone informate sui fatti.

Questi gli elementi di prova portati dal sostituto procuratore nel corso delle oltre due ore di requisitoria , per dimostrare il «coinvolgimento» degli allora vertici dell’istituto, la «sistematicità» dell’applicazione dei fattori correttivi e la «mancata evidenza a bilancio» dei rimborsi conseguenti ai reclami dei clienti che, di tanto in tanto, si avvedevano delle perdite. Una ricostruzione certosina, cui è seguita la discussione degli avvocati di parte civile, con le rispettive richieste di liquidazione delle spese e il risarcimento dei danni morali.

Alle arringhe dei difensori (oltre che del responsabile civile, ossia la stessa Hypo Bank, presente anche tra le parti civili), il tribunale collegiale presieduto dal giudice Angelica Di Silvestre (a latere, i colleghi Roberto Pecile e Luca Carboni) ha riservato le prossime udienze del 21 e 24 maggio e del 3 giugno. Quando, chiusa la discussione, potrebbe ritirarsi già in camera di consiglio per uscirne in serata con la sentenza. —
 

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