Licenziato per vendetta, va reintegrato

Dirigente ha vinto la causa contro la decisione della matrigna e del fratello di estrometterlo dalla società
TOGA AVVOCATO AULA TRIBUNALE
TOGA AVVOCATO AULA TRIBUNALE

UDINE. Licenziato dalla società che suo padre aveva fondato e di cui la matrigna, a pochi anni dalla morte, era diventata presidente. Un epilogo insensato e inaccettabile per Luca Munier, che della Cgs spa di Feletto Umberto era stato amministratore e direttore tecnico, oltre che socio al 30,25 per cento, maturato in un clima familiare tutt’altro che idilliaco e ribaltato in questi giorni dal tribunale di Udine con l’ordinanza che, riconoscendo la nullità del provvedimento in quanto «ritorsivo», ne ha disposto il reintegro, con tanto di risarcimento del danno patito.

A monte del licenziamento, comunicato a Munier il 23 marzo 2016, un procedimento disciplinare che l’azienda, con gli avvocati Gianni, Francesca e Clara Giunchi, aveva fondato su contestazioni relative a «fatti gravi realmente verificatisi» e divenute motivo di «grave danno patrimoniale alla società».

Soltanto due, invece, gli addebiti di cui il giudice del lavoro Fabio Luongo, presa in esame la causa, ha ritenuto di doversi occupare. E che alla fine ha liquidato come «non solo insussistenti, ma anche ritorsivi», escludendo una «rilevanza disciplinare» delle condotte contestate e ordinando così il reintegro di un dirigente, altrimenti escluso - come categoria - dalla tutela prevista dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.

Era stata la divergenza di vedute sulle modalità di gestione dell’azienda tra i fratelli Luca e Valter Munier, alla morte del padre Elio, nel 2011, a guastarne irrimediabilmente i rapporti. «Rimasti soci della Cgs (impresa di costruzione di opere pubbliche, ndr) – scrive il giudice –, si sono dimostrati del tutto incapaci, per il bene dell’azienda, di raggiungere un accordo che consentisse loro, se non di proseguire in sintonia l’attività, quantomeno di separare responsabilmente i loro destini societari».

A colmare un vaso già abbondantemente avvelenato, per Luca, erano state la nomina della matrigna Maria Paula Pelizzaro a presidente del Cda e la cooptazione di Marco Perizzolo, amico d’università di Valter, alla poltrona di amministratore che lui stesso aveva deciso di abbandonare per l’acuirsi dei contrasti.

È in questo quadro che, a parere del giudice, i rilievi disciplinari contestati dalla Cgs - l’avere quietanzato una fattura a carico di una società che non aveva ancora saldato interamente il proprio debito e l’avere utilizzato personale in cassa integrazione a zero ore - non trovano alcuna giustificazione: tardivi rispetto ai fatti lamentati e privi di un impianto probatorio convincente, sono risultati «palesemente inconsistenti» ed «evanescenti».

Accogliendo la domanda principale dell’avvocato Marco Galletti, che ha assistito Luca Munier nel ricorso, il giudice ha quindi interpretato «in termini di effettiva ritorsività quello che, altrimenti, sarebbe stato un licenziamento semplicemente infondato, per quanto in maniera palese». Da qui, la condanna al reintegro, con corresponsione di un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale (7.781,28 euro) dal licenziamento al ritorno al posto di lavoro.

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto