Lignano, il tribunale del riesame ha tolto i sigilli al magazzino del ristorante “Al Cason”

I sigilli, lungo la sponda sinistra del fiume Tagliamento, in località Riviera, a Lignano Sabbiadoro, non ci sono più. A pochi giorni dal dissequestro del “Marina Azzurra Resort”, il tribunale del riesame di Udine ha annullato anche il secondo decreto con cui il gip, su richiesta della Procura friulana, aveva disposto il sequestro preventivo di un’area a uso magazzino del ristorante “Al Cason”.
Entrambi i provvedimenti erano stati eseguiti dai carabinieri del Nas lo scorso 15 maggio, nell’ambito di un’inchiesta che ipotizza l’abusività delle opere. Tanto la costruzione dell’esclusivo complesso turistico comprensivo di house boat, quanto l’ampliamento del locale – secondo il procuratore aggiunto Claudia Danelon – sarebbero stati realizzati sulla base di permessi concessi in violazione delle norme urbanistiche e del piano di assetto idrogeologico. Tesi che evidentemente, almeno sul piano cautelare, non ha retto neppure questa volta.
Il ricorso era stato presentato dall’avvocato Maurizio Conti, che nel procedimento assiste sia l’imprenditore lignanese Giorgio Ardito, presidente della “Lignano Pineta spa”, proprietaria dei muri del Cason, sia il geometra Massimo Sandri, di Lignano, a sua volta indagato per l’asseverazione depositata in Comune a corredo dell’istanza di rilascio del permesso di ampliamento.
Anche l’architetto Paolo Giuseppe Lusin, dirigente dell’Area tecnica del Comune che autorizzò entrambe le opere e, per questo, “trait d’union” dei due filoni dell’inchiesta con l’accusa di abuso d’ufficio, aveva presentato da subito ricorso al tribunale del riesame «per fornire un nostro punto di vista tecnico», ha spiegato l’avvocato Francesco De Benedittis, che lo difende e che ha comunque rinunciato all’azione, prima di entrambe le discussioni.
«Le indagini miranti a evidenziare l’illegittimità del titolo edilizio rilasciato a Lignano Pineta spa, e in particolare le deposizioni delle componenti dell’Ufficio tecnico del Comune e gli esiti della consulenza tecnica disposta dal pm – ha sostenuto l’avvocato Conti –, appaiono giuridicamente lacunose». E a dimostrarlo sarebbero proprio «norme di legge, della cui applicabilità non si è tenuto conto».
Tra i diversi punti evidenziati, «l’inclusione totalmente errata dell’area destinata all’ampliamento in progetto nella zona omogenea “V1 di verde ambientale e di rispetto”, per dimostrato superamento di tale previsione, risalente al 1981, sia nella variante del 1988, sia in quella del 1989 del Piano di lottizzazione di “Marina Uno”» e «l’insussistenza della necessità di una variante al Piano di lottizzazione ancora vigente o di un nuovo Piano Attuativo».
Quanto all’esigenza cautelare indicata dal gip, che, immaginando «un incremento dell’utilizzo dei locali a uso cucina, deposito e servizi igienici in vista della stagione estiva», aveva sostenuto «un possibile aumento del carico urbanistico e una conseguente alterazione dell’assetto del territorio derivante dalla presenza umana e dall’esercizio delle relative attività», la difesa ha ricordato come l’ampliamento «non abbia determinato l’aumento dello spazio disponibile per la clientela», scartando quindi come «non predicabile alcun maggiore afflusso di persone in sito».
Per conoscere le ragioni che hanno convinto il Riesame, in entrambe le sue composizioni collegiali presiedute sempre dal giudice Paolo Alessio Vernì (a latere, i colleghi Carla Missera e Carlotta Silva, nel caso del Marina Azzurra, e Missera e Paolo Lauteri, per il Cason), a escludere il “periculum” che aveva legittimato il sequestro di aree e immobili, bisognerà attendere il deposito delle motivazioni. Rispetto ai lavori del villaggio sono indagati gli imprenditori di San Michele al Tagliamento Angelo Basso, titolare della “Europa group re srl” di Latisana, cui fu rilasciato il permesso di costruire il resort, e Laura Barel e Marco Frattolin, titolari della ditta costruttrice, la “Adriacos srl” di Latisana, difesi rispettivamente dagli avvocati Simonetta Rottin, Renzo Fogliata e Novella Disopra. «Se ci saranno spazi per un ricorso – aveva annunciato il procuratore Antonio De Nicolo – andremo in Cassazione».
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