Lignano, sigilli al resort sull’acqua: ecco chi sono i coinvolti nell'inchiesta

LIGNANO. È una delle aree più blindate della provincia: vincoli di natura paesaggistica, idrologica e idrica, oltre che una serie di regolamenti e strumenti urbanistici, volti a tutelarne il patrimonio ambientale da ogni sorta di cambiamento, riqualificazioni e sviluppo turistico compresi.
Chi si approccia e opera a Lignano Sabbiadoro lo sa. Lo sapevano anche gli imprenditori e i professionisti che, mercoledì 15 maggio, si sono visti notificare dalla Procura di Udine altrettanti avvisi di garanzia per le ipotesi di reato, contestate a vario titolo, di abuso d’ufficio, falso ideologico e violazione di normative urbanistiche.
Uno di loro, l’unico coinvolto in entrambi i filoni dell’inchiesta, aveva ricevuto la visita dei carabinieri già un anno fa, in occasione di un accesso in Comune alla ricerca della documentazione relativa alle opere finite sotto la lente degli investigatori. Interventi che lui, l’architetto Paolo Giuseppe Lusin, di Pieris, nella sua veste di dirigente dell’Area tecnica, aveva autorizzato. E sui quali, ora, è calata la scure del sequestro preventivo.
L’operazione
Il blitz è scattato in mattinata. Decreto alla mano, i carabinieri del Nas di Udine, coadiuvati dai colleghi del Comando provinciale e del Nucleo elicotteri di Belluno, hanno posto i sigilli sia all’ingresso del “Marina Azzurra Resort”, l’esclusivo complesso turistico realizzato sulla sponda sinistra del fiume Tagliamento e che il 25 maggio avrebbe inaugurato la sua prima stagione estiva, sia a una porzione del ristorante “Al Cason”, pure in località Riviera.
A monte, due vicende giudiziarie tra loro scollegate, ma confluite nello stesso provvedimento a firma del gip del tribunale di Udine, Daniele Faleschini Barnaba, e comunque assimilabili – secondo la tesi accusatoria sostenuta dal procuratore aggiunto Claudia Danelon, titolare dei fascicoli – quanto a tipologia d’illecito.
E cioè rispetto all’ipotesi che «il dirigente abbia rilasciato i permessi a costruire in violazione delle norme urbanistiche e del piano di assetto idrogeologico, in accordo con i professionisti e gli imprenditori interessati».
L’ampliamento negato
È Giorgio Ardito, presidente della “Lignano Pineta spa”, l’imprenditore coinvolto nel procedimento sul Cason. L’edifico che ospita il ristorante, in corso dei Continenti, appartiene alla società e in passato era già stato oggetto di un ampliamento abusivo, risolto con la demolizione delle opere non conformi.
Nel 2016, la storia si ripete: Ardito chiede di aumentare la superficie del fabbricato «a fini igienico-funzionali», mediante la realizzazione di «locali annessi al fabbricato principale per uso cucina, deposito e servizi per il personale».
Dal Comune, però, arriva parere preventivo negativo, motivato dai vincoli imposti dal Piano attuativo “Marina Uno” e da quelli paesaggistici, idrologici e idrici cui è sottoposta l’area. La richiesta torna sui tavoli comunali l’anno successivo, corredata dagli elaborati tecnici redatti dal geometra lignanese Massimo Sandri. Neppure questo, tuttavia, basta a convincere l’incaricato dell’istruttoria ad autorizzare l’intervento.
È a questo punto che l’architetto Lusin decide di «avocare a sè il permesso di costruire». Il via libera all’ampliamento è datato 31 maggio 2017. «Il permesso di costruire – rileva il gip – è viziato da illegittimità macroscopica». Da qui, i “sigilli” al magazzino. E, a monte, le rispettive accuse di violazione delle normative ubanistiche, falso ideologico e abuso d’ufficio.
Lo stop al villaggio
Sono tutti e tre di San Michele al Tagliamento, in provincia di Venezia, invece, gli imprenditori che, a dieci giorni dall’arrivo dei primi ospiti nel resort che, tra houseboat, strutture sportive e aree ricreative, copre un’area di 120 mila metri quadrati, per un valore calcolato in 40 milioni di euro, hanno scoperto di essere sotto inchiesta e di dover rinunciare, almeno per ora, al taglio del nastro.
Angelo Basso, legale rappresentante della “Europa group re srl”, la società di Latisana cui il 22 settembre 2017 lo stesso architetto Lusin, nuovamente «avocando a sè la pratica urbanistica», aveva rilasciato il permesso di costruire, e Laura Barel e Marco Frattolin, legali rappresentanti della “Adriacos srl” di Latisana, l’impresa incaricata dell’esecuzione dei lavori, dovranno rispondere a loro volta di violazione delle normative urbanistiche.
«In contrasto – si legge – con le norme di sicurezza geologiche e idrauliche contenute nel Piano per l’assetto idrogeologico del Tagliamento». Proprio come a suo tempo evidenziato sia dagli uffici comunali, sia dall’opposizione in Consiglio comunale.
Il procuratore
«Parliamo di un’area golenale già interessata dalle piene del Tagliamento e, quindi, di per sè pericolosa – ha affermato il procuratore Antonio De Nicolo –. Una zona, quindi, soggetta a una serie di divieti che vanno rispettati».
Nessuna meraviglia, allora, per la tempistica dell’operazione, scattata alla vigilia dell’avvio della stagione turistica. «I sequestri si fanno quando gli elementi probatori sono assolutamente persuasivi – ha detto De Nicolo –. Serve pazienza. E altrettanta attenzione richiede la successiva valutazione del gip». —
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