L’impresa fallisce, pagato con 14 euro

La parcella non è mai stata saldata e il curatore ha liquidato il professionista, un ingegnere sacilese, con quello che ha raccolto. «Una fregatura»

SACILE. L’impresa edile fallisce nel 2010 e dopo tre anni, è rimborsato con 14,84 euro. Accreditati sul conto corrente del progettista-collaudatore che aveva presentato la parcella di 3 mila euro alla Moras&Bertolo, a Maron di Brugnera. Il curatore fallimentare ha diviso, quello che si poteva, tra un centinaio di creditori e all’ingegnere restano gli spiccioli per la pausa pranzo. A microfoni spenti, ha rivelato quello che capita in un settore in debito d’ossigeno.

«Una bella fregatura», è stato il commento dell’ingegnere sacilese che incassa amaro e racconta la sua storia. Una delle tante, incastrate nel tunnel della crisi che ha paralizzato o quasi l’edilizia liventina. Il collaudatore, a conti fatti, ha pagato di tasca sua un lavoro di tre anni fa: cioè il collaudo di sette villette a schiera che, a San Giovanni del Tempio, sono abitate al 40%. Le abitazioni sono sul mercato immobiliare, che è stato sbilanciato tra domanda e offerta dalla crisi di liquidità e lavoro: a Sacile come altrove.

I fatti sono banali, perché comuni a uno sciame di aziende che hanno i bilanci in declino, nell’hinterland sacilese. E’ mancata la liquidità alla Moras&Bertolo, quindi i curatori fallimentari hanno censito i beni e diviso la “torta” tra i creditori. A seconda della priorità, tra professionisti, fornitori, dipendenti nell’arco di 36 mesi.

«Con le spese, la parcella da incassare era di 3 mila euro – conferma l’ingegnere, che lavora a Sacile e Pordenone ma teme il crack di altre imprese –. Mi hanno liquidato con un bonifico bancario di 14,84 euro, ma per entrare nel processo fallimentare ci sono spese di avvocati, bolli, e-mail con il Tribunale e tanto tempo buttato al vento. Qualche centinaia di euro si è volatilizzato per seguire la vicenda fallimentare: non è conveniente, ma si tratta di una questione di principio».

Gli studi di architetti e ingegneri, insieme all’indotto, hanno il fiato corto: non riparte l’edilizia e la crisi corrode un largo bacino produttivo. I fallimenti immobiliari trascinano con sé anche gli acquirenti che, magari, hanno versato un anticipo sull’appartamento o villette “sulla carta”. Storie molto diverse tra di loro, con un unico denominatore comune: non c’è il lieto fine.

Quando capita un fallimento con il cantiere aperto, chi ha acquistato un’abitazione, nella migliore delle ipotesi è costretto a ricomprarla un'altra volta, all'asta. Oppure, ha una perdita secca dell’acconto versato: quello che cumulava i risparmi di sacrifici, tutti vanno in fumo. Il sogno del “mattone”, può diventare un incubo.

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