Linea dura della Hypo con gli “infedeli”: cadranno delle "teste"
UDINE. Sospensioni e licenziamenti. Ma anche richieste di risarcimento nei confronti dei dipendenti infedeli. La Hypo Bank dichiara guerra ai dirigenti finiti nel mirino della magistratura per i leasing “dopati” e annuncia una serie di provvedimenti che molto probabilmente scatteranno già nei prossimi giorni.
Dopo l’allontanamento dell’ex direttore generale Lorenzo Di Tommaso e del responsabile dell’area legale, Carlo Bellogi, è probabile quindi che l’istituto di credito prenda provvedimenti anche nei confronti degli altri tre indagati, i vicedirettori generali Sandro Ballerino, Daniele Metus e Simone Caraffini.
«Non appena la banca è venuta a conoscenza della situazione - spiega l’avvocato Pasquale Pantano del foro di Milano - ha fatto scattare un’indagine interna che è ancora in corso e che ha già portato a sospensioni e licenziamenti. Nel momento in cui è stato riscontrato il mancato rispetto del regolamento interno da parte di alcuni dipendenti sono stati presi provvedimenti e altri ne arriveranno a breve».
L’operazione “pulizia” della Hypo però non ha interessato solo i dipendenti. «L’istituto ha già cominciato a rimborsare i clienti ai quali erano state richieste somme superiori al dovuto - assicura Pantano -, ma si tratta di un’operazione molto complessa visto che stiamo parlando di 14 mila contratti. Verificarli uno a uno richiederà alcuni mesi di lavoro e solo alla fine avremo un quadro preciso ed esaustivo di quanto è stato indebitamente sottratto ai clienti all’insaputa della banca».
La prima stima della Guardia di Finanza parla di 30 milioni di euro, ma si tratta di una stima per difetto che con ogni probabilità è destinata ad aumentare. «Di certo la banca, che in questa vicenda è parte lesa - continua Pantano - ha subìto un danno spropositato in termini di reputazione e credibilità».
Ma come è possibile che nessuno si sia mai accorto di nulla? «Purtroppo - aggiunge il legale della Hypo - si tratta come detto di operazioni complesse e il meccanismo messo in atto era tale da riuscire a bypassare i sistemi di controllo e vigilanza interni all’istituto oltre al collegio sindacale. Accorgersi di quanto stava accadendo era impossibile».
Adesso, oltre all’indagine interna della banca, sono al lavoro le Fiamme gialle che anche ieri hanno incontrato il pubblico ministero Barbara Loffredo e si attende l’esito dei controlli effettuati da Bankitalia che a breve dovrebbe inviare una relazione alla Procura di Udine. Tre indagini che cercheranno di dare risposta ai tanti interrogativi rimasti ancora irrisolti. Il primo è il “movente”. Perché al momento non ci sono prove che i 30 e più milioni di euro siano finiti in tasca a qualcuno.
Ad arricchirsi è stato solo il bilancio della banca. Il denaro riscosso in eccesso, con tassi di interesse più alti di quanto pattuito, è scritto nero su bianco in ogni singola rata pagata all’istituto. Ma allora perché, se non si è trattato di un errore, ma - come sospetta la Procura - di una truffa, gli artefici avrebbero dovuto “dopare” 14 mila contratti di leasing? Cioè dov’era il guadagno degli artefici di questo raggiro?
Una domanda che, come detto, al momento non ha ancora una risposta. Difficile, infatti, immaginare che il tornaconto personale per chi di fatto rischiava guai sul fronte penale si limitasse a dei “premi di produzione” o, magari, a mantenere un posto di lavoro, forse con un aumento di stipendio.
L’ex dg Di Tommaso intanto ha nominato come suo difensore l’avvocato Giuseppe Campeis, ma prima di accettare l’incarico il legale intende confrontarsi con la banca con la quale aveva rapporti di lavoro.
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