L’infettivologa di Bergamo che ha scelto Palmanova per curare i pazienti Covid

Maria Merelli si trasferì in Friuli per specializzarsi con il professor Viale. In questi giorni di emergenza ha lavorato temendo per i suoi familiari 

PALMANOVA. Si consolida il legame tra Bergamo e la fortezza a forma di stella. La storia della guarigione di un cittadino della città lombarda nel modulo Covid di Palmanova si aggancia, per qualche sorprendente coincidenza, alla vicenda di una dottoressa di Bergamo da dieci anni in Friuli che ha vissuto le ultime settimane di quest’emergenza come esperta infettivologa anche all’ospedale di Palmanova.

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Maria Merelli, bergamasca doc, ha studiato al liceo Paolo Sarpi della sua città e poi all’università di Pavia. Quando ha scelto di specializzarsi in infettivologia, ha optato per Udine con il professor Viale. E dopo un master a Londra, è rimasta a lavorare in regione.

«Mai avrei pensato di poter mettere in pratica qui in Italia le mie conoscenze – afferma –. Le situazioni epidemiologiche, nella mia mente, le ambientavo in altri scenari, altri contesti, altri Paesi. E invece...». Il lavoro tra Udine e Palmanova e la testa, naturalmente, anche a Bergamo.

«Ho genitori ottantenni e poco digitali, cui cercavo di essere vicina con continue telefonate. Loro mi raccontavano del silenzio assurdo che avvolgeva la città, rotto soltanto dal suono delle sirene. Tutti i miei conoscenti in Lombardia hanno almeno un parente, un amico che ha vissuto da vicino un lutto per il Covid 19».



Il pensiero di tornare a Bergamo si è affacciato più volte nella sua mente, ma poi lavoro da fare anche qui in regione non mancava di certo. Ed è proprio il lavoro la chiave che le ha consentito di superare ogni preoccupazione, una sorta di immersione in apnea per riemergere alla luce. «Non siamo molto diversi sotto questo profilo, bergamaschi e friulani: un senso del dovere fortissimo. “Mola mia” diciamo da noi per dire che non ci si tira indietro».

A Palmanova ha vissuto un’esperienza importante. «La sfida era alta – racconta –: creare un nuovo team, mettendo insieme persone con competenze, provenienze, formazioni diverse. Ed è stato entusiasmante vedere la generosità e la professionalità con cui tutti si sono messi in gioco. In quest’ospedale poi, per continuare il legame con Bergamo, ho pure lavorato con la mia concittadina Elena Cavallaro, medico internista a San Daniele, scoprendo che avevamo frequentato lo stesso liceo».

L’aver curato anche persone provenienti da Bergamo è stato di conforto per la dottoressa Merelli. «Aver contribuito alla loro guarigione mi ha un po’ pacificato con quella malinconia di fondo per non trovarmi nella mia regione proprio quando viveva un momento così duro. Ma anche questa in realtà è la mia regione».

E ora? «Il problema sarà di riuscire a convivere con il virus, senza calare la soglia di attenzione. Occorre ancora tanta ricerca». —
 

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