L’Interporto fantasma costato 60 milioni

CERVIGNANO. Qualcuno lo definisce una cattedrale nel deserto, che nel corso degli anni è costata 60 milioni di euro. La crisi ha colpito anche l’Interporto di Cervignano. Il bilancio è in attivo, ma non si può certo dire che si riesca a far quadrare i conti facilmente. Il traffico è diminuito notevolmente.
Nonostante le difficoltà, tuttavia, qualche segnale di ripresa c’è, per esempio grazie al contratto Nest, che mette assieme diverse società regionali (un operatore finanziario, un operatore portuale e una società di spedizioni) con l’obiettivo di “aggredire” il mercato. Il presidente dell’Interporto, Renato Carlantoni, parla di come la struttura è cambiata nel corso degli anni.
«Sono cresciuto in una frazione di Tarvisio dove c’era una stazione ferroviaria – spiega -. Ricordo che, negli anni ’80, tutti i ferrovieri furono trasferiti a Cervignano, dove si stava realizzando lo scalo ferroviario, che doveva essere la grande direttrice dei traffici. Fino a cinque anni fa si parlava di oltre cento treni al giorno. In seguito, la Regione, giustamente, decise di costruire, a fianco, l’Interporto, che doveva dare un valore aggiunto al traffico diffuso. I problemi sono arrivati quanto Rete ferroviaria italiana ha eliminato il traffico merci diffuso (trasporto a carro singolo o a gruppi di carri, ndr). L’Interporto ne ha ovviamente risentito». Il presidente Carlantoni fa sapere che, oggi, Rfi utilizza solo treni blocco, un treno merci “intero” che viaggia dal punto di carico a quello di scarico come unità.
«Si parla di quaranta vagoni più o meno – chiarisce Carlantoni -. Oggi, in tempi di crisi, il trasporto su rotaia sta diminuendo mentre aumenta quello su gomma. Vent’anni fa, il trasporto su rotaia era pari al 15 per cento del mercato, oggi siamo al 6%. È un dato che riguarda tutto il Paese, non solo Cervignano. Ad oggi facciamo più di cento treni l’anno, che non sono molti. Negli anni ’90, le Ferrovie smistavano e organizzavano. L’Interporto attaccava i carri che poi partivano per le varie destinazioni».
Le difficoltà sono innegabili, ma il bilancio è sano. «È chiaro – afferma Carlantoni - che l’Interporto, che fa dell’intermodalità il suo punto di forza, in questo momento è in sofferenza. Se mancano i treni manca tutto. Ad ogni modo abbiamo 24 mila metri quadri di magazzini, tutti pieni. La struttura è moderna e il personale preparato. Ci sono risorse per costruire altri dodici mila metri quadri di magazzini, ma si tratta di investimenti importanti, sono soldi pubblici e per questo motivo abbiamo chiesto un incontro alla presidente della Regione per condividere la scelta».
Per quanto riguarda la palazzina, i bene informati fanno sapere che Autovie Venete ed Fvg strade vorrebbero spostare proprio lì la loro sede, ma è ancora tutto da valutare. Pare ci siano già stati più sopralluoghi.
«La palazzina – precisa il presidente – è nuova e funzionale. Se prima c’erano dentro numerosi operatori del settore oggi non è più così. Il nostro organico è composto da un direttore, otto persone che si occupano di manutenzione ordinaria del piazzale e un amministrativo. Abbiamo razionalizzato il più possibile. Nel frattempo, grazie a “Nest”, un contratto di rete partito già prima della mia presidenza, stiamo incrementando i contatti tra società diverse. Proprio il 19 dicembre, abbiamo firmato un nuovo accordo che rafforza il tutto».
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