Linussio, gli affreschi stanno cadendo a pezzi
TOLMEZZO. Palazzo Linussio: un patrimonio artistico che cade a pezzi ed esige interventi che però non arrivano. Senza un’azione rapida per trovare fondi (si stima servano 250 mila euro) ed intervenire subito andrà perso.
Sono una vergogna bruciante per la Carnia gli innumerevoli pezzi che mancano a stucchi e affreschi di Palazzo Linussio, quelle chiazze d’umido che, dalle finestre, stanno ingoiando uno a uno dettagli e colori degli affreschi che rendono il salone d’onore una perla. Quel palazzo potrebbe essere la Villa Manin dell’Alto Friuli, quante volte è stato detto, invece oggi è un violento pugno allo stomaco di chi, ben pochi, ha la possibilità di visitarlo. É tempo di agire per recuperare quel piccolo tesoro L
Lo stato di affreschi e stucchi è tale per cui, da tre anni (rare le eccezioni),spiega l’assessore comunale Aurelia Bubisutti, l’Esercito per motivi di sicurezza non concede per eventi il salone d’onore, che ha tra l’altro un’acustica eccezionale.
Questo grande salone da ballo, al primo piano, è un incanto, rende bene l’idea della ricchezza che ha regnato un tempo in questo palazzo settecentesco, quando era abitazione della famiglia dell’imprenditore Jacopo Linussio, genio carnico del tessile. Le pareti sono tutte affrescate, come il soffitto, attribuibile al pittore Francesco Chiarottini, ma l’acqua che filtra dalle finestre o comunque l’umidità ne stanno compromettendo gli affreschi.
Al salone si accede da due gallerie con grandi bassorilievi in stucco, ma sono ormai tante ed anche estese le parti mancanti. Ciò avviene per l’assenza dei necessari restauri (l’ultimo pare risalga al post terremoto). E la cappella gentilizia non sta meglio: frammenti di colore cadono dalle pareti e una gigantesca macchia verde di muffa attornia la finestra.
A Palazzo Linussio c’è la Caserma Cantore e solo la paziente opera di raccolta, da parte del Terzo reggimento artiglieria da montagna, dei pezzi di stucchi che cadevano ha evitato il peggio. Ma non basta più, perché serve chi a quel diligente recupero faccia seguire il restauro.
Le ripetute lettere inviate dal Terzo in tanti anni alla Soprintendenza e a chi si occupa della tutela dei beni culturali per chiedere interventi non hanno sortito effetto. Cosa hanno fatto amministratori locali, consiglieri o assessori provinciali, regionali o parlamentari per ottenere quei restauri? La risposta è in quel salone, in quelle gallerie.
Si è sentito spesso dire che sollecitare il restauro di Palazzo Linussio significava sfrattare il Terzo. Ma visitando quelle stanze, constatando la passione che persone, come il maresciallo Giorgio Petrin, hanno profuso negli anni nel conservare i pezzi che si staccavano dalle pareti, nel ricostruire la storia del palazzo e nel fare quello che potevano per limitare i danni, non sembra credibile.
Senza il Terzo a Palazzo Linussio andrà ancora peggio: nessuno raccoglierà più i pezzi, sistemerà la tegola se continuerà a piovere dentro, riscalderà i locali in inverno.
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