L'Italia si avvicina allo scenario 4: cosa vuol dire e quali sono le attività che rimarranno aperte in caso di lockdown

A certificarlo sono i numeri del monitoraggio settimanale dell'Istituto superiore di sanità e ministero della Salute per il periodo 19- 25 ottobre. Diecimila contagi fa insomma, visto che siamo passati da 21mila a 31.084 contagi, 199 morti in un giorno e oltre 500 ricoverati in più nelle terapie intensive

ROMA. «L'epidemia in Italia è in ulteriore peggioramento, con un numero di casi segnalati quasi raddoppiato rispetto alla settimana del 12-18 ottobre, compatibile con uno scenario di tipo 3, ma in evoluzione verso quello di tipo 4». Che come contromossa prevede appunto il lockdown.

A certificarlo stavolta sono i numeri nudi e crudi del monitoraggio settimanale dell'Istituto superiore di sanità e ministero della Salute per il periodo 19- 25 ottobre. Diecimila contagi fa insomma, visto che siamo passati da 21mila a 31.084 contagi, 199 morti in un giorno e oltre 500 ricoverati in più nelle terapie intensive.

L'indice di contagiosità nazionale, l'Rt, è salito da 1,49 a 1,70, ben oltre quell'1,5 considerato il confine oltre il quale si entra in zona rossa. E nello scenario 4 sono già 5 regioni: Calabria, Emilia Romagna, Lombardia , Piemonte e Bolzano. Secondo il report altre regioni sono a un livello di rischio «alto, con probabilità alta di progressione». Ossia, pur collocandosi in uno scenario meno difficile hanno più probabilità che la crescita della curva epidemica finisca per far collassare i sistemi sanitari. Tra queste, oltre a Calabria, Lombardia e Piemonte, anche Puglia, Sicilia e Toscana

E a proposito di resilienza degli ospedali il monitoraggio indica che 15 regioni su 21 hanno un'alta probabilità di superare nel prossimo mese la soglia critica del 30% di posti letto occupati da pazienti Covid nelle terapie intensive. In questo quadro per gli estensori del report «sono necessarie misure, con precedenza per le aree maggiormente colpite, che favoriscano una drastica riduzione delle interazioni tra le persone e che possano alleggerire la pressione sui servizi sanitari, comprese restrizioni nelle attività non essenziali e della mobilità».

In pratica un invito al lockdown temperato che l'ala rigorista del Governo pensa di emanare entro il 9 novembre.Ma se nella maggioranza non mancano le resistenze, anche tra gli esperti del Cts non tutti la pensano allo stesso modo. C'è chi crede che si debba aspettare ancora qualche giorno per vedere se gli ultimi due Dpcm riescano a raffreddare la crescita dei contagi, che non è accompagnata da una altrettanto forte impennata dei ricoveri. L'altro fronte replica sia ricordando che gli ospedali sono già sotto stress, sia mostrando grafici in cui la curva non si piega più di tanto né con le mascherine all'aperto né con i coprifuoco.

Una divisione che ricalca quella nel governo, tra chi punta su strette locali, magari anticipate dagli enti locali e chi ritiene inevitabile un lockdown, anche se temperato. Lasciando aperte fabbriche, aziende agricole, negozi di beni essenziali e le scuole di grado inferiore. Che è poi quanto di fatto messo nero su bianco dagli estensori del report e ribadito ieri dal presidente dell'Iss, Silvio Brusaferro e da quello del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli. Che sulla scuola è stato chiaro: «è una priorità e saranno fatti tutti gli sforzi per mantenerla aperta». «Ovviamente con qualche adattamento», ha aggiunto. Facendo capire che per i più grandi la didattica a distanza sostituirà in tutto e per tutto quella in presenza

Argomenti:coronavirus

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto