L'odissea di un cinquantenne, positivo al Covid: «Mio fratello rimbalzato da un medico all’altro, nessuno lo visita a casa»

UDINE. Costretto in isolamento poiché positivo al Covid-19 e con febbre superiore ai 38 gradi. Va avanti così da una decina di giorni. «Mio fratello è stato abbandonato: il medico di base, i medici Usca e la guardia medica non vengono a casa a visitarlo ed è costretto a farsi delle auto-diagnosi che non è in grado di eseguire. Non c’è possibilità di farsi visitare in abitazione.

È per questo che le persone si riversano al Pronto soccorso, realtà surreale nella quale i pazienti sono stipati nei corridoi al freddo e poi dimessi per mancanza di posti letto, com’è successo a lui lunedì. La situazione è paradossale».

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Il racconto è di R.T. spiegando la vicenda che ha vissuto il fratello 52enne di Pagnacco, M.T. Un’odissea iniziata un paio di settimane fa con il risultato di positività al test del coronavirus e non ancora conclusa, visto che «martedì è stato dimesso dall’ospedale “Santa Maria della Misericordia” per mancanza di posti letto. «Ma lui continua a stare male e noi non sappiamo a chi rivolgerci – insiste la donna –: siamo molto preoccupati per il suo stato di salute. Giovedì notte, peraltro, siamo stati nuovamente costretti a chiamare il 118 per un aggravamento delle sue condizioni: contattati alle 19, l’ambulanza è arrivata alle 20.30. Poi nella notte gli sono stati fatti tutti gli accertamenti del caso e alle 4.30 è stato dimesso e riportato a casa con l’automedica».

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Si tratta di una storia che mette in luce la drammaticità del momento e le difficoltà del sistema. Per le prime giornate di malattia, il 52enne «è stato seguito a distanza dal medico di base, che non potendo fare altro gli ha prescritto tachipirina e antinfiammatorio da prendere in maniera alternata per tutto il giorno – spiega R.T. –. Poi, però, nel fine settimana le condizioni sono peggiorate e, quindi, abbiamo dapprima contatto la guardia medica, che ci ha detto che non poteva venire a casa, e poi il medico Usca, che ci ha comunicato lo stesso e che, essendo oberati di lavoro, non riescono a seguire tutti.

Arrivato il lunedì, abbiamo deciso di chiamare l’ambulanza, che verso le 13 lo ha trasportato al Pronto soccorso: lasciato in un corridoio freddo accanto a molti altri pazienti seduti su sedie e brandine, è stato visitato durante la notte. Poi, però, sebbene gli sia stata diagnosticata una polmonite bilaterale, è stato dimesso per la mancanza di posti letto».

QUATTRO GRAFICI PER CAPIRE LA SITUAZIONE:

Il rimbalzo da un medico all’altro senza mai ottenere un aiuto effettivo «testimonia la totale assenza di un coordinamento territoriale: è tutto sulle spalle degli operatori del Pronto soccorso e dei medici che si ritrovano stracarichi di pazienti che non riescono a seguire nella maniera adeguata – analizza R.T. –. È saltato pure il tracciamento: nessuno ci ha contattati, non si capisce che protocollo si applichi nel caso in cui venga riscontrata una positività al Covid-19. Pensavo che la nostra regione fosse più all’avanguardia e messo meno peggio di tante altre regioni. Ma non è così».

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