L'ombra di parentopoli sul caso-Marsilio: fondi a moglie, figlia e fratello
UDINE. Tra i beneficiari dei contributi regionali per l’Albergo diffuso anche parenti del consigliere regionale Enzo Marsilio, che presiedeva la coop Borgo Soandri srl.
La moglie, la figlia e il fratello di Marsilio - in quanto soci della coop Borgo Soandri - hanno infatti ottenuto dei contributi per attività commerciali. Alberto Marsilio, in particolare, ha ottenuto 110 mila 289 euro, per un investimento di circa il doppio.
Nulla da eccepire trattandosi di un bando regionale che valuta i requisiti degli aventi diritto. L’anomalia consiste nel fatto che se Marsilio si fosse attenuto alle legge regionale 21 del 29 luglio 2004, nessuno, oggi, potrebbe obiettare alcunchè.
L’articolo 8 di questa norma impone ai consiglieri regionali di rimuovere le cause di incompatibilità e qualora non lo facciano, il consiglio li può dichiarare decaduti. Marsilio, per sua stessa ammissione, dice di non avere presentato la dichiarazione di incompatibilità.
E ha ammesso pure di avere sottoscritto, in qualità di presidente della Borgo Soandri, la richiesta di contributo per l’Albergo diffuso di Sutrio (sono stati concessi 429 mila euro). «Non ho mai nascosto il fatto - ha affermato ieri nel corso della conferenza stampa alla quale hanno partecipato anche il suo collega Enio Agnola, che si trova nella stessa situazione, e il capogruppo dei dem, Diego Moretti - di essere presidente della cooperativa.
Non mi sono dimesso da quell’incarico in quanto non credevo fosse motivo di incompatibilità. È stata sicuramente una mia mancanza dettata dall’ignoranza. Comunque, non appena sono venuto a conoscenza di questo, ho provveduto immediatamente a rassegnare le dimissioni dal vertice del cda e la mia surroga è già avvenuta». Per Marsilio, dunque, la storia finisce qui. Ha rimosso l’incompatibilità. Ed è sicuro che il consiglio regionale, convocato per il 10 giugno dalla Giunta delle lezioni, non avrà nulla da eccepire.
Lo stesso discorso vale per Enio Agnola, ieri apparso decisamente imbarazzato probabilmente perché - come lui stesso ha precisato - l’incompatibilità gli era stata segnalata due anni fa e quindi si era subito dimesso dalla carica di presidente della cooperativa (la Forgaria Viva Scarl srl ndr).
Peccato però che quella surroga non sia ancora avvenuta e lui abbia continuato a svolgere l’attività di presidente del cda e di consigliere regionale. «Ora andrò fino in fondo – ha aggiunto - lascerò l’incarico, ma l’impegno di presidente richiede molto tempo e non è stata ancora trovata la persona giusta per occuparsene».
Insomma, incompatibilità a parte, per entrambi i consiglieri sarebbe assurdo, invece, mettere in discussione il loro ruolo di consiglieri regionali. Resta il fatto che i due casi sono tutt’altro che chiusi, soprattutto sotto il profilo politico. Forza Italia, ad esempio, per bocca del suo capogruppo Riccardo Riccardi, preannuncia azioni clamorose.
«Chiederò - anticipa soltanto – che la giunta regionale fornisca gli incarichi esterni ricoperti da tutti i consiglieri regionali. Credo inoltre che sia ora di finirla con il fatto che soltanto una parte di questa assemblea ritiene di ergersi a moralizzatore e di sentirsi immune dalla questione morale. Andremo fino in fondo».
Molto duro anche il giudizio del M5s. «Questa vicenda - sostiene Elena Bianchi -, che è tutta interna al Partito democratico, mi provoca perlomeno fastidio. Il fatto che abbiano taciuto il tutto è politicamente riprovevole. E mi stupisce che evidentemente speravano che nulla venisse a galla. Credo che dovrebbero dimettersi entrambi, se non altro perché hanno ammesso di aver votato a favore dei contribuiti in conto capitale per le cooperative di cui erano presidenti».
Ma c’è dell’altro. Secondo la consigliera pentastellata «il potere di vigilanza sulle realtà cooperative da parte della Regione fa davvero acqua. Davvero non si capisce come questa presunta vigilanza venga esercitata. Il nostro gruppo quanto prima affronterà questo caso; successivamente decideremo come muoverci».
Le opposizioni si dicono decise a fare in modo che la vicenda possa essere sviscerata in tutti i suoi aspetti, perché oltre al problema per così dire formale i due consiglieri del Pd dovrebbero rispondere anche di quello sostanziale. Come dire che non è sufficiente rimuovere l’incompatibilità e rimanere in carica dopo aver esercitato contemporaneamente il ruolo di presidenti di coop assegnatarie di contributi in conto capitale da parte della Regione grazie anche a i loro voti di consiglieri regionali.
Agnola e Marsilio hanno affermato di avere sempre ricoperto l’incarico di presidenti a costo zero, senza nemmeo i rimborsi spesa. «Non vorrei - ha affermato Marsilio - che si attaccasse la norma sull’Albergo diffuso che tra l’altro anche la Regione Lombardia ci invidia. Io, personalmente sono diventato presidente del cda perché me lo chiese il sindaco e perché ritenevo giusto adoperarmi per dare un mano alla montagna a offrire possibilità di sviluppo e di rilancio economico».
E nelle pieghe di questa storia c’è chi punta il dito anche nei confronti di chi avrebbe dovuto vigilare. È vero, ad esempio, che Agnola era stato invitato a dimettersi e che lui aveva rassegnato le dimissioni dalla presidenza della sua cooperativa, ma è altrettanto certo che nessuno poi in Regione gli ha chiesto la conferma dell’avvenuta rimozione dell’incompatibilità.
«Non siamo moi che dobbiamo spiegare qualcosa – aggiunge Riccardi-. - ma la maggioranza che ci deve rendere edotti sull’intera vicenda».
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