L'omicidio di Manzano: caccia al killer di Tatiana, indagato di nuovo Calligaris

UDINE. Il nome dell’imprenditore Paolo Calligaris è stato nuovamente iscritto sul registro degli indagati. A quasi otto anni dal ritrovamento del corpo senza vita di Tatiana Tulissi nella villa di Manzano in cui la coppia viveva, il mirino degli investigatori è tornato a puntare su di lui: il suo compagno, l’imprenditore rimasto sotto lo scacco della Procura per oltre tre anni e infine scagionato dagli stessi inquirenti dall’ipotesi di reato di omicidio volontario per «la scarsità e la debolezza» degli elementi raccolti a suo carico.
Lungi dal chiudersi con la doppia archiviazione disposta dai gip di Udine e Trieste nel 2012 rispettivamente per Paolo e per suo figlio Giacomo, a sua volta indagato, l’inchiesta ha continuato a macinare verbali, intercettazioni e perizie. E ha continuato anche a battere la pista familiare, evidentemente ritenuta ancora la più credibile rispetto a quella della rapina fallita.
La notizia è emersa a seguito dell’ennesimo sopralluogo condotto venerdì scorso dai carabinieri di Udine sulla scena del crimine. E cioè nella residenza di via Orsaria, dove l’11 novembre 2008 la giovane fu assassinata.
Aveva 37 anni e mille progetti nella testa e nel cuore. Il killer glieli spezzò con tre colpi di pistola, esplosi da un revolver calibro 38 che non è mai stato trovato. Ebbene, è lì, tra il patio in cui il corpo della vittima fu rinvenuto dai soccorritori e dai carabinieri, l’enorme parco che circonda la villa e il lungo sentiero che attraversa il bosco della Sdricca e che collega Manzano a Orsaria, che la Procura è convinta sia nascosta la chiave del “giallo”.
A differenza delle innumerevoli ispezioni effettuate nel corso degli ultimi quattro anni, ossia da quando l’inchiesta era stata fatta ripartire a carico di ignoti, venerdì gli investigatori si sono presentati con un decreto di perquisizione. Con un provvedimento, cioè, che determina anche la notifica all’indagato dell’avviso di garanzia.

È in quel momento che Paolo Calligaris ha appreso di essere di nuovo accusato dell’omicidio della sua ex convivente. Il che, tecnicamente parlando, significa che l’ufficio del pubblico ministero ha proposto nuovi elementi d’indagine e che questi hanno convinto il gip ad accoglierne la richiesta di riapertura delle indagini preliminari a suo carico.
Sul punto, tuttavia, nel palazzo di via Lovaria vige un riserbo pressoché totale. Il procuratore capo, Antonio De Nicolo, si limita a confermare «l’ispezione» e a parlare di «attività istituzionale, che è necessario svolgere per scrupolo e per completare gli accertamenti». Niente più che «una serie di atti dovuti – spiega –, che ci siamo sentiti di compiere per non lasciare nulla di intentato».
L’obiettivo, insomma, era e resta quello di sempre: trovare il colpevole ed evitare così di aggiungere il delitto di Manzano all’antologia italiana dei “cold case”. Ma parlare di svolte, al momento, appare prematuro.
A imprimere ulteriore impulso alle indagini, dopo che il fascicolo era passato nelle mani del pm Marco Panzeri - prima di lui, a coordinare il lavoro erano stati i colleghi Lorenzo Del Giudice e Matteo Tripani, entrambi nel frattempo trasferiti ad altra sede -, era stata la discesa in campo nell’inverno del 2012 della task-force di esperti (carabinieri del Nucleo investigativo di Udine e del Ros e del Racis di Roma) che, qualche mese prima, aveva risolto il caso del duplice delitto dei coniugi Burgato, a Lignano Sabbiadoro.
Riavvolto il disco e rispolverati uno per uno i faldoni dell’inchiesta, gli inquirenti erano ripartiti dalle testimonianze e dai ricordi delle decine e decine di persone sentite dalla sera del delitto in poi. Tra i tasselli più recenti, quello dell’agosto scorso, quando il pm aveva disposto un nuovo sopralluogo in villa - da dove Paolo Calligaris non abita più dal giorno dell’omicidio - e convocato lo stesso imprenditore in Procura, per sottoporlo a un’altra lunga audizione. In qualità, quella volta, di semplice persona informata dei fatti.
Le tribolazioni giudiziarie, per lui, sembravano terminate il 2 gennaio di quattro anni fa, quando il gip Paolo Lauteri aveva escluso, in 14 pagine di ordinanza, non soltanto una sua qualche responsabilità quale autore materiale del delitto, ma anche quale possibile mandante o ispiratore dello stesso, non essendo emerso «neanche a livello di mero sospetto» dati riconducibili a «un interesse specifico all’eliminazione» della compagna o a «un’intesa con terzi mirata a tale obiettivo».
Quanto alla ricostruzione accusatoria, il giudice ritenuto decisiva la discrasia osservata tra il racconto della teste “chiave”, ossia la vicina di casa che sostenne di avere sentito i colpi di pistola, e la ricostruzione “minuto per minuto” degli spostamenti compiuti da Paolo dalla propria azienda di Aquileia e la villa di Manzano, dov’è stato calcolato che Tatiana fu uccisa tra le 17.45 e le 18.33, cioè il momento in cui il compagno chiamò il 118.
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