Luci: il comparto unico? Una riforma mancata
UDINE. «Non si cambia il Paese e la Regione se non si riforma la pubblica amministrazione, che significa velocità di risposta alle istanze dei cittadini e delle imprese, concentrazione dei livelli di responsabilità e semplificazione dei centri decisionali, contenimento dei costi ed efficienza di intervento».
Lo ha sottolineato di recente il presidente di Confindustria Udine, Adriano Luci, commentando i risultati negativi che sono stati raggiunti con la riforma del comparto unico.
In oltre dieci anni, da quando il comparto unico è stato avviato, ci si attendeva, come era nelle premesse, che la parificazione tra la retribuzione del personale degli enti locali, più basso, e quello della Regione, più alto, fosse assorbita dalla razionalizzazione dei diversi livelli della pubblica amministrazione attraverso una sistematica operazione di trasferimento delle competenze dalla Regione alle autonomi locali: in pratica il senso era quello di unificare i livelli retributivi del personale pubblico con l’effetto di incentivare la mobilità. Se questo è avvenuto, lo è stato in modo molto parziale e frammentato.
«E’ stato pensato il comparto unico - ricorda il presidente Luci - per realizzare il disegno di riforma della pubblica amministrazione basato sul principio di prossimità in base al quale le funzioni amministrative devono essere svolte dall’ente più vicino al cittadino in un quadro di trasferimento di funzioni dalla regione agli enti locali. In questo ambito la omogeneizzazione dei livelli retributivi troverebbe ragione nel riconoscimento del medesimo trattamento allo stesso livello di responsabilità e di funzione, cioè premiare il merito e la responsabilità».
«La realtà è stata ed è un’altra. Il comparto unico si è tradotto – continua il presidente – nella rincorsa al livellamento delle retribuzioni sui riferimenti più elevati applicati in Regione, che hanno continuato a crescere, con il risultato di un incremento certo del costo del personale, calcolato in circa 36 milioni di euro all’anno, senza il beneficio dell’incremento dell’efficienza e del miglioramento dell’assetto organizzativo delle autonomie».
«Anzi - prosegue Luci - si sono generati fenomeni di mobilità all’inverso, dagli enti locali alla Regione, come è stato recentemente denunciato, in contrasto con il senso della riforma dell’amministrazione che avrebbe dovuto sostenere il trasferimento delle funzioni dalla Regione agli enti locali».
«E’ un meccanismo che va fermato. Secondo dati della Ragioneria Generale dello Stato nel 2011 il comparto unico vale in media pro capite 37.461 euro l’anno contro i 32.498 del contratto nazionale, il 15% in più. Occorre - conclude Luci - un ripensamento profondo per riportare il sistema della pubblica amministrazione a livelli di equilibrio in modo da garantire efficienza e qualità di servizio».
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