Lucio Marcon, dal panino gelato all’Artigiana

Compie 40 anni il locale delle storiche coppe care ai palati di generazioni di pordenonesi. «Ma oggi è dura continuare»

PORDENONE. Il negozio è ancora chiuso. Lui vede la sagoma dell’intervistatore, si affaccia e alza la serranda: «Prego si accomodi». Lucio Marcon, 73 anni, apre le porte della sua gelateria, l’Artigiana.

Chi non la conosce? Generazioni di pordenonesi si sono seduti qui. Per una pallina mangiata in velocità, una coppa o una crepes. Ma di tempo adesso potrebbe essercene poco: nel quarantesimo anno di attività (1975-2015) nella “boutique” di viale Dante, il maestro vorrebbe uscire di scena. «Magari trovassi qualcuno pronto a subentrare – confessa –. Altrimenti potrei chiudere».

La genesi. La giornata sta per cominciare e Lucio Marcon fa il gelato nel suo laboratorio. I macchinari ci sono tutti, alcuni sofisticati, perché lui è un purista della materia: il suo prodotto è artigianale tout-court, «non lavoro con le basi, come gli altri». Una pratica che si ripete ogni giorno, dal 1966.

«Lavoravo alla Zanussi, ero una sorta di caporeparto – racconta –. Di giorno in fabbrica, alla sera in giro per le case a vendere elettrodomestici, per conto di Bruno Da Pieve. Poi, un infortunio sul lavoro, e Da Pieve mi chiese di rilevare la sua gelateria, a Porcia. Presi la liquidazione e partii», lasciando un posto sicuro («non mi avrebbero mandato via») per una sfida: la forza di credere nei propri sogni. «Sentivo di poterla vincere». Una lezione ancora oggi attuale.

Il boom. «Prima confetti, quindi i gelati fuori dalla Zanussi, nel ’68 “caldo” – prosegue –. Mi sistemavo col carretto, vendevo un cono dietro l’altro. E l’attività a Porcia funzionava. Ma il locale, dopo anni, era da rinnovare: saltò fuori l’opportunità di trasferirsi a Pordenone, qui in viale Dante. La colsi al volo».

Nel ’75 la svolta: Marcon apre la Gelateria Artigiana e, negli anni seguenti, frequenta la scuola ad hoc a Cividale: gli affari decollano.

«Fui il primo a importare in Friuli, e in Veneto, il panino-gelato – spiega –: vidi l’idea da un amico di Bologna e pensai subito fosse vincente. Fino a metà anni ’80 ne vendevo 1000 a settimana. Quindi tante coppe “rivoluzionarie”, come Sandokan e il Vulcano. Nel ’92 l’ampliamento dell’offerta con le crepes. Ricordo solo una cosa, di quegli anni: il negozio era sempre piano. C’era la fila, clienti arrivavano da ogni dove, Udine, Treviso e naturalmente Pordenone. Adesso, invece, negli ultimi 5 anni c’è stata una flessione. Se non ci fossero i centri commerciali lavorerei di più...».

Lo scenario. Le abitudini cambiano, anche quelle di consumo («i ragazzi preferiscono lo spritz, ora»), non il suo negozio, sempre uguale, «per scelta», dal ’75.

«Sono l’unico maestro artigiano del gelato della regione – dice orgoglioso–: un riconoscimento ottenuto nel 2008, dalla Regione. Lavoro a Pordenone da 40 anni, nel 2016 faccio mezzo secolo di attività e potrebbe essere la volta buona che chiudo. Ora si fatica ad andare avanti e a dire la verità sono un po’ stufo: se trovassi qualcuno pronto a rilevare l’attività mi farei da parte».

Ma acquirenti «ben pochi e con scarse velleità». Ormai si preferiscono le gelaterie in franchising, in cui il prodotto è quasi pronto. «Qui si fa il gelato da zero, invece. Quindi continuo per una questione di orgoglio. Abbiamo cresciuto generazioni di pordenonesi, loro stessi ce lo ricordano, ogni giorno».

Tradizioni, certezze, che non devono andare perdute.

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