L’Università popolare festeggia 110 anni tra storia e cultura

L’Università popolare di Udine, nata nella primavera del 1901 come espressione della Società operaia di mutuo soccorso, è arrivata al traguardo dei 110 anni. E' una delle più antiche d’Italia, preceduta nel 1899 da quella di Torino e nel 1890 da quella di Milano. Dalla prima conferenza (il 16 aprile 1901 il professor Papinio Pennato, primario dell’ospedale, ha parlato dello scheletro umano) a quella conclusiva dell’anno accademico 2010-2011 (il 19 maggio scorso il professor Rino Caputo dell'Università romana di Tor Vergata si è intrattenuto su Il Risorgimento nella narrativa italiana) è trascorso un secolo più 10.
Un secolo che resta comunque “breve”, anzi per l’Università popolare di Udine doppiamente breve, perché l’attività del sodalizio ha subito due vistose interruzioni: tra il 1911 e il 1921 e tra il 1928 e il 1946. Uomini come Chino Ermacora ed Enrico Morpurgo ne hanno stimolato il primo rilancio, i loro epigoni Azzo Varisco, Alberto Cosattini, Rino Borghello e Antonio Pascatti la rifondazione dopo il periodo fascista. Nell'ultimo decennio c'è stato (giugno 2005) il passaggio della presidenza da Cosattini, poi mancato il 14 gennaio 2010 dopo un lustro di presidenza onoraria, a Giampaolo Borghello, docente dell'Università di Udine e figlio di Rino, che è tuttora al vertice dell’istituzione.
Proposta col nome, meno impegnativo, di Scuola popolare superiore, l'Università popolare udinese è nata in una città che contava 37.942 abitanti (di cui un terzo analfabeti).
Primo presidente della Scuola popolare superiore è il professor Giovanni Nallino, seguito dai professori Roberto Lazzari e Nazzareno Pierpaoli e dal medico umanista Giulio Cesare (quest'ultimo al vertice dal 1907 al 1911, data della prima interruzione). Passata la Grande Guerra e superati i problemi derivanti dall'occupazione austro-tedesca e dalla profuganza, nel 1921 la società operaia rilancia la cessata Scuola popolare superiore come vera e propria Università popolare. Tra i promotori il già citato dottor Cesare e il giornalista Chino Ermacora. Ma il primo presidente e vera anima del rinato sodalizio è il professor Enrico Morpurgo, figlio del senatore Elio.
Nel 1922-'23 dai 138 soci del primo anno si passa a 180 (nel 1925-'26 risaliranno a ben 396). Ma i tempi stanno cambiando. C'è il fascismo. L'Università popolare tenta di scendere a patti per poter sopravvivere. Ci riesce per poco. Nel 1927-'28 i soci sono addirittura 478 e si tengono in totale “79 trattenimenti culturali”.
Nel 1929, soppressa l'Università popolare, nasce l'Istituto fascista di cultura, presieduto dall'onorevole Piero Pisenti, futuro ministro di Salò.
Dopo la dittatura fascista, in un clima di entusiasmo e di speranze rinascono anche le istituzioni culturali. Il 10 marzo 1946, nella casa di Varisco in via Zanon, si riuniscono i promotori della “seconda” Università popolare. Presidente sarà l'avvocato Alberto Cosattini, figlio dell'avvocato Giovanni, primo sindaco di Udine dopo la Liberazione.
Nel 1963-'64 viene eletto presidente Rino Borghello, altro personaggio simbolo dell'Università popolare. Dopo di lui c'è Antonio Pascatti. Nel 1977-'78 è eletto il vicepresidente Agostino Picot, profugo istriano, ex direttore didattico. Ma nell'80 Picot muore improvvisamente e gli subentra, in forma provvisoria, il vice, l'avvocato Flavio Lazzaro, che poi passa le consegne al nuovo presidente, il conte Alvise Savorgnan di Brazzà, discendente dalla famiglia del grande esploratore del Congo, Pietro. Nuova svolta con l'anno accademico 1983-'84: torna al vertice del sodalizio l'avvocato Alberto Cosattini, che si trova ad affrontare due grossi problemi: i finanziamenti degli enti pubblici che richiedono spesso macchinosi iter burocratici, e il numero dei soci. Ma la costanza e la tenacia di Cosattini riescono a tamponare le falle e a superare gli ostacoli.
Sala Ajace diventa la sede stabile delle conferenze e il 4 gennaio 1985 esce il primo bollettino quindicinale del sodalizio. Sala Ajace viene poi a mancare per lavori (interminabili!) e, dopo varie soluzioni di fortuna, l'Università popolare si vede costretta a ripiegare nella più piccola, ma accogliente sala della Fondazione Crup di via Manin, dove si riunisce tuttora.
Si è arrivati così al centenario del 2001, celebrato in due tempi. Gli ultimi dieci anni hanno segnato, purtroppo, dolorose perdite per l'Università popolare. Ci hanno lasciato, oltre a Cosattini (nel direttivo gli è subentrata la figlia Giovanna), il presidente onorario Antonio Celotti, i consiglieri Domenico Cerroni Cadoresi, Maria Tore Barbina, Mario Quargnolo, Piero Fortuna e dottor Eros Bassi. Notevole il ricambio: tra i new entry nel direttivo, il direttore della Biblioteca Joppi Romano Vecchiet, attuale vicepresidente, il germanista Luigi Reitani, assessore comunale alla cultura, e la professoressa Elena Fabbro. Quanto all'attività il 2011 ha ripercorso, come era doveroso, i 150 anni dell'Unità. E l'anno prossimo si tornerà al classico con la lettura e il commento dell'Inferno dantesco.
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