«Mai venduto latte pericoloso. Lo proverò»

Renato Zampa racconta i suoi giorni in carcere. Ora comincia la battaglia legale: in ballo anche centinaia di posti di lavoro

UDINE. Dimagrito, il viso segnato, l’aspetto di chi ha visto la sua vita sconvolta all’improvviso, Renato Zampa arriva all’appuntamento per l’intervista con un quarto d’ora d’anticipo. Jeans e camicia azzurra, si muove nervosamente.

Dalla valigetta dell’ex presidente di Cospalat, travolto dall’inchiesta sulle aflatossine, spuntano mazzi di documenti orlati da post-it. Premette di non voler entrare nel merito delle indagini per le quali è indagato, ma, dopo un mese e 5 giorni trascorsi agli arresti, di cui 13 in carcere, ha voglia di parlare.

Signor Zampa, cominciamo dal latte...

«Ecco, se c’è un punto fermo in questa vicenda è proprio la qualità del latte che è sempre stato sano e genuino. Il nostro primo obiettivo è sempre stato la tutela della sicurezza alimentare. Siamo stati screditati, additati come quelli che vendevano un prodotto insalubre. Peggio: tossico. Eppure i valori di scarico del nostro latte ai caseifici per la vendita o la lavorazione in conto terzi non hanno mai evidenziato irregolarità o concentrazione di aflatossine “M1” superiori ai limiti di legge. Posso anche ammettere che vi sia stata qualche negligenza e qualche errore, ma mai il consorzio ha commercializzato o dato in lavorazione un prodotto che fosse pericoloso per la salute. E dirò di più, a metterci nei guai è stata la nostra scelta, unica in Italia, di sottoporre a continui screening i prodotti, effettuando analisi sistematiche a monte in via preventiva anzichè semplici controlli a campione».

Ha davanti a sè un iter giudiziario complesso e impegnativo, con che animo lo affronta?

«Con l’animo di chi ha la coscienza a posto, sono un uomo che ha sempre lavorato senza risparmiarsi, fino a 20 ore al giorno. È stato chiarito che non ho mai agito per il mio tornaconto personale e che da questa storia nè io nè gli altri soci abbiamo guadagnato nemmeno un euro. Ho cercato di tutelare i soci, le maestranze di una realtà economica dalla quale dipendono centinaia di famiglie e che ora rischiano di trovarsi senza lavoro. Tutto ciò perché vedono minata la credibilità di un consorzio cui fa capo il 30% della produzione di latte a livello regionale. Il contraccolpo economico in una situazione di crisi che aveva già portato ai limiti minimi il guadagno è stato drammatico, con un calo delle vendite del 40%, assolutamente immotivato, perché la salubrità del latte è fuori discussione. In questo senso sono contento di affrontare il percorso giudiziario. Ho le carte per farlo».

Ripartiamo dal 21 giugno. Cosa ricorda?

«Ero andato in azienda alle 5.30, dopo aver finito di lavorare alle 23 la sera precedente. Quando i Nas sono arrivati indossavo abiti e scarpe da lavoro. Non capivo cosa stesse succedendo, cosa potevo aver fatto. Mi hanno portato in caserma così, ho fatto solo in tempo a chiamare il mio avvocato e poi sono subito stato portato in carcere».

E quando si è chiusa quella porta?

«È stato drammatico. Ho condiviso con altre quattro persone una cella con tre metri quadrati di superficie calpestabile, un fornelletto da campeggio con il quale ci preparavamo da mangiare, acqua di rubinetto calda, il cortile arroventato dal sole. Per giorni ho indossato gli stessi abiti, le scarpe da lavoro, solo dopo 5 giorni mi hanno fatto avere il primo cambio e mai mi sono state consegnate le scarpe. Per giorni non ho mangiato, non ho dormito, piombando in uno stato di angoscia in cui i pensieri più foschi non smettevano di tormentarmi. I miei compagni di cella mi preparavano la camomilla alla sera, mi hanno prestato delle ciabatte, dei pantaloncini corti che ho lavato e indossato per qualche tempo».

C’è chi l’ha descritta come una persona senza scrupoli...

«Il mio nome e quello della Cospalat è stato abbinato ad accuse terribili, pur essendo all’oscuro del caos mediatico intorno a questa vicenda percepivo il clima di discredito e di biasimo, persino fra la popolazione carceraria. Ma ho anche scoperto la solidarietà di tante persone, dentro e fuori dal carcere, ho ricevuto tantissime attestazioni di stima da parte di coloro che mi conoscevano e che proprio per questo non hanno mai dubitato della mia buona fede e della mia determinazione a difendere la qualità del mio lavoro. Questo, e la certezza di aver cercato di fare del mio meglio, mi hanno dato la forza di andare avanti».

Tornerà a fare il presidente un giorno?

«Non è nelle mie priorità, ora voglio solo poter dimostrare in sede legale come sono andate le cose. Alla guida del Consorzio c’è un nuovo presidente e un nuovo consiglio che sta lavorando bene. L’obiettivo ora è difendere la qualità del prodotto e centinaia di posti di lavoro».

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