Manicomio addio: un sistema mostruoso per 100 mila friulani - Foto
UDINE. Chiuso il contratto di lavoro dopo 17 anni per raggiunti limiti di età, riesco finalmente a porgere un saluto e un ringraziamento a tutte le autorità e a tutte le persone che ci hanno aiutato nella grande impresa di chiudere dignitosamente il manicomio di Sant’Osvaldo e di rifondare nuovi servizi, nuove pratiche e nuove culture per la tutela e per la promozione della salute mentale nel territorio della Ass 4 “Medio Friuli”, condividendone finalità, sensibilità, obiettivi, impegno. Il manicomio di Udine era stato istituito tra il 1902 e il 1904 come risposta orgogliosa e forte del Friuli alle vessazioni e alle violenze subite dai friulani nei manicomi di Venezia ed era stato voluto e concepito per diventare un luogo di cura e di libertà.
Era diventato invece un sistema mostruoso in cui in 90 anni sono state internate più di 100 mila persone friulane, uomini, donne, bambini. Il manicomio di Udine ha costituito e riflesso una parte importante della storia del Friuli.
La riforma del Ssr (aziendalizzazione del 1994) nel 1995 ha permesso di affrontare e risolvere la persistenza del manicomio di Udine e l’inadeguatezza dei servizi territoriali di salute mentale, nati dopo il terremoto senza l’attraversamento critico delle culture manicomiali. Era diventato evidente che il superamento del manicomio non poteva più essere un’azione facoltativa, dipendente da orientamenti di scuola, di ideologia, di schieramenti, né poteva essere negoziabile.
Era un progresso basato su consolidati saperi scientifici e un diritto inscrivibile nell’ambito del diritto alla salute previsto dalla Costituzione in cui era già scritto tutto ma non riuscivamo vederlo. Molto cammino è stato fatto da quel 23 aprile 1995, inizio del mio incarico, ma non è retorica né falsa modestia dire che nulla di tutto quello che è stato fatto sarebbe avvenuto se non ci fosse stata una partecipazione via via crescente di una grande moltitudine di soggetti privati, persone singole, gruppi e associazioni, cooperative sociali e onlus, esponenti della cultura, dell’arte, del teatro, della musica e dello spettacolo, i mass media e altri ancora.
E i principali soggetti istituzionali, i diversi governi regionali e gli uffici, l’Azienda sanitaria, la Provincia, i sindaci – molti personalmente con impegno diretto e con le amministrazioni comunali e i servizi sociali, le scuole, l’Università, gli Uffici giudiziari, le forze dell’ordine e tanti altri. Tanti giovani, molti confluiti nelle cooperative sociali e molti altri a loro vicini.
Il compianto arcivescovo di Udine monsignor Alfredo Battisti, con la sua grande sensibilità e cultura aveva ristabilito un corretto rapporto e aveva sostenuto l’esperienza (collaborazione più recenti con il Centro Balducci e la Caritas). I media – stampa, radio e tv locali - hanno avuto un ruolo molto importante informando con intelligenza, curiosità, equilibrio, condivisione e partecipazione l’opinione pubblica su temi e problemi non facili, a volte terribili e drammatici, creando occasioni di dibattito.
Le comunità locali, grandi e piccole, hanno sempre saputo comprendere, accogliere, esprimere solidarietà e generosità e si sono sempre messe in gioco nella prospettiva della partecipazione e dell’inclusione, con la consapevolezza che il nostro lavoro era per le comunità e apparteneva al Friuli. Il libro di L. Scopelliti “Manicomio addio”, storie e interviste di internati friulani, micro-storie individuali nella storia del Friuli, presentato in alcuni “Fogolars” italiani, è divenuto occasione di incontri e riflessioni. Il parco di Sant’Osvaldo, già dell’ospedale psichiatrico, si è progressivamente aperto alla città fino a diventarne parte integrante e fruibile, finalmente restituito alla cittadinanza.
E’ stato attivato il primo Centro di salute mentale aperto 24 ore, tutti i giorni dell’anno, il primo in Friuli, e poi altri due. Il Csm H24 è diventato modello e paradigma dello sviluppo regionale dei Servizi di salute mentale di tutta la Regione.
Attivato un servizio per i disturbi del comportamento alimentare. E’ stata superata la pratica dell’elettroshock e della contenzione in psichiatria. Si sono realizzate - non senza difficoltà - le condizioni per prefigurare un “Sistema regionale dei Ssm”. Con il sostegno economico della Provincia, sono state stampate la guida dei Ssm in italiano, friulano e sloveno per rendere più agevole l’avvicinamento e l’accesso ai Servizi, e la guida del parco di Sant’Osvaldo. Dopo la legge regionale 6/2006 si sono sviluppate pratiche di integrazione tra Ssm e Servizi sociali con numerosissime esperienze esemplari in termini di efficacia, di logica e di senso, di ottimizzazione dell’uso delle risorse, perfezionando il passaggio dalle attività per prestazioni sui sintomi alla presa in carico, al progetto personalizzato di salute, al budget di cura.
Ristrutturate le associazioni “E’ vento nuovo” e “LiberaMente”, nate e attive “Diamo peso al benessere” e “Arum”, ma sono alcune decine le associazioni che interagiscono con il Dsm testimoniando la partecipazione e la generosa vitalità delle comunità alle attività per la salute mentale, anche se molto rimane da fare nella promozione dell’emancipazione e della partecipazione.
E’ stato avviato un lavoro di integrazione con i medici di medicina generale (Mmg), divenuto obiettivo regionale. Con la Clinica psichiatrica universitaria sono state avviate forme di collaborazione e integrazione al fine di strutturare un proficuo rapporto tra le particolari realtà e culture dei Ssm del Friuli Venezia Giulia e l’insegnamento e la ricerca accademiche. In collaborazione con insegnanti sensibili e impegnati, si sono realizzati incontri e percorsi con alcune classi di scuole medie superiori, evidenziando il ruolo fondamentale che la scuola può assumere nella promozione della salute mentale e l’attenzione che richiede. Il complesso rapporto tra Ssm e giustizia è progredito nelle culture e nelle pratiche incoraggiato e legittimato dalla efficacia degli interventi ma anche sospinto da più recenti e attente sensibilità alla Costituzione, sia in campo penale che civile.
Molto e poco nello stesso tempo. Le complessità e le dinamiche dei problemi di salute mentale anticipano molto spesso la capacità dei servizi di riconoscerle e di assumere il ruolo che loro compete. La “riduzione della dissociazione tra gli enunciati e le pratiche” rimane un assunto fondamentale. Patrimonio acquisito a livello scientifico, civile, culturale e politico, rimane sempre aperto il dibattito pubblico su “cosa è salute mentale” e deve essere consapevolmente, orgogliosamente e gelosamente custodito e difeso.
Alcuni problemi richiedono grande attenzione: 1) la medicalizzazione/psichiatrizzazione della sofferenza e della vita delle persone e delle comunità e lo psicofarmaco come unica risposta, 2) il già evidente riflesso della crisi economica-sociale sugli equilibri personali e familiari, 3) il rischio che la spending review ricada per lo più sulle persone socialmente più deboli, 4) la delicata linea di intersezione tra cittadini e servizi, tra poteri e saperi, 5) le vecchie e le nuove forme di abbandono, 6) la questione della medicina di genere, della salute mentale nella maternità e del rapporto uomo-donna, 7) la separatezza tra servizi della stessa Azienda sanitaria a danno dei progetti di salute, con inefficacia, perdita di senso e dis-economie, 8) il rapporto ospedale-territorio, 9) la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg) e la salute mentale in carcere.
Una preoccupazione fortissima su cui in molti chiediamo chiarezza alle forze politiche nell’approssimarsi delle tornate elettorali. E stata aperta - non per caso - una fase nuova e molto critica nell’assetto dei Ssm del Fvg nati dalle intuizioni del professor Franco Basaglia in una stagione di democrazia e di grande avanzamento culturale, riferimento per l’Oms (Who).
Senza trasparenza, informazione e partecipazione, è forte il rischio che scelte relative alla salute mentale vengano sottratte al controllo e al confronto democratico – storicamente bipartisan su questi temi in Fvg – e siano condizionate da interessi e da prospettive di parte e di gruppi di associati per i quali, prima dell’interesse al bene comune, contano più l’appartenenza e la fidelizzazione precostituendo assetti e situazioni di fatto, al di là del merito e del valore scientifico-culturale e sociale, e riportando i Servizi di Sm del Fvg a una distruttiva frammentazione già superata.
I cittadini del Friuli Venezia Giulia e tutti coloro che per decenni si sono adoperati per costruire servizi sanitari sostenibili e prossimi ai bisogni delle persone e delle comunità, non meritano la perdita di un patrimonio così unico e, ancora di più, della loro sovranità.
*Direttore, dal 1995 al 2012, del Dipartimento di salute mentale dell’Azienda per i servizi sanitari 4 “Medio Friuli”.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto