Manzano, truffa al Centro ingrosso cinese nei guai l’imprenditore Lovato

Nel capannone furono effettuati lavori per quasi 200 mila euro che poi non furono pagati. L’inchiesta è partita dalla denuncia di un artigiano. Già condannato il cinese titolare dell’azienda 

MANZANO. L’accusa è quella di truffa per Roberto Lovato, 73 anni, di San Giovanni al Natisone, già legale rappresentante dell’Italsvenska di Mariano, fallita nell’ottobre 2013.

A portarlo in tribunale è stata una vicenda giudiziaria che ha già prodotto una condanna, sulla quale ora incombe il rischio di prescrizione. I fatti, che risalgono a più di sette anni fa, ruotano intorno al Centro ingrosso Italia-Cina Srl che prese forma negli ex magazzini Sabot di Manzano sulla strada regionale 56 al civico 28.

Nel corso del 2010 l’immobile subì una ristrutturazione cui concorsero numerose aziende, reclutate da Jiandong Zheng, 42enne cinese residente a Orsaria di Premariacco. In qualità di legale rappresentante del Centro ingrosso Italia–Cina, Zheng si presentò agli imprenditori locali annunciando la realizzazione di un centro commerciale destinato a produrre ampi guadagni, salvo poi dileguarsi lasciando insolute gran parte della fatture emesse in relazione ai lavori effettuati, per quasi 200 mila euro.

Per quelle accuse Zheng, che si è resto irreperibile, è stato condannato a un anno di reclusione e a 400 euro di multa.

È nato dalla costola di quel processo, su segnalazione di tre delle aziende danneggiate, il filone d’indagine avviato dal magistrato Elisa Calligaris a carico di Roberto Lovato, accusato di truffa in concorso. Il procedimento è approdato al tribunale di Udine per citazione diretta. Ieri, davanti alla giudice Carlotta Silva, sono sfilati i testi dell’accusa interrogati dal pm Patrizia Rech.

Lovato, difeso dall’avvocato di fiducia Luigi Francesco Rossi, in qualità di legale rappresentante dell’Italsvenska spa, proprietaria del capannone, il 7 maggio 2010 stipulò con Zheng il contratto di locazione al Centro ingrosso Italia–Cina per un corrispettivo annuo di 213.840 euro e con la previsione di «spese di ristrutturazione a carico del conduttore e a beneficio del locatario», avvalendosi di un geometra di fiducia.

Secondo l’accusa, Lovato «partecipò direttamente alle trattative per la conclusione dei contratti, così ingenerando negli imprenditori fiducia nella serietà della rappresentazione e dell’iniziativa commerciale portata avanti dallo Zheng».

Nel capannone, organizzato su 8.910 metri quadrati, si insediarono una trentina di negozi cinesi a gestione familiare e operarono fino al blitz congiunto tra Guardia di finanza, carabinieri, polizia e vigili del fuoco che, dopo la segnalazione della Fimes Srl, misero sotto sequestro il fabbricato.

E proprio Fimes Srl, che aveva realizzato le opere elettriche nel capannone per poi ritrovarsi con un credito insoluto di 100 mila euro, si è costituita parte civile.

«A causa di questa vicenda – è il commento dell’avvocato Andrea Gaiardo che rappresenta la Fimes – l’azienda ha dovuto fronteggiare non poche difficoltà finanziarie». Si tornerà in aula con i testi il 12 aprile.

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