Marcolin, sigillo della città e fatturato verso 12 milioni

«Non è tanto quello che facciamo, ma quanto amore mettiamo nel farlo. Non è tanto quello che diamo, ma quanto amore mettiamo nel dare».
Non ci sono immagini di prodotti, storie di successi, autocelebrazioni di coperture industriali o architetture tessili, sul grande schermo allestito sul palco della festa per i 50 anni della Marcolin Covering.
Ci sono le parole di Madre Teresa, a far capire che in questa splendida realtà industriale pordenonese, la domanda giusta non è tanto il chi, il cosa o il quanto. È il come.
Come si lavora, come si crea lo spirito con cui i dipendenti e le loro famiglie, con gli occhi colmi d’orgoglio, ascoltano gli interventi dei fondatori Bruno Marcolin, con la signora Gabriella, e Franco Sartor, con la signora Noris. Come si crescono figli come Luca Marcolin e Federica Sartor, con le sorelle Roberta e Antonella, rami cresciuti da radici profonde e a loro volta già carichi di frutti . In fabbrica, in mezzo ai macchinari di oggi e di ieri, perché 50 anni di operosità non potevano essere celebrati in un luogo migliore, scorrono aneddoti e ricordi, dai primi teli stesi sulla Pontebbana col traffico bloccato alla copertura delle tavole degli scout, dall’avvio della produzione delle tende da sole al motto di Pordenonelegge: «Se diluvia? Non importa, c’è la Marcolin...».
È una storia di cuore, quella che si alterna ai dati economici, alla celebrazione dei tre stabilimenti, 70 dipendenti, tre sedi produttive, esportazioni in tutto il mondo, e «un fatturato di 10 milioni che quest’anno vogliamo portare a 12», come annunciato da Federica Sartor.
Il sigillo della città consegnato nelle mani dei fondatori dal sindaco Alessandro Ciriani arriva quasi come una conseguenza naturale. Seguono gli omaggi del vicegovernatore della Regione Sergio Bolzonello, del presidente di Unindustria Michelangelo Agrusti, di quello della Camera di commercio Giovanni Pavan e del sindaco storico Alvaro Cardin.
Poi è il tempo degli applausi, dei premi fedeltà ai dipendenti di lungo corso Vanna Martin, Patrizia Agostini, Maurizio Vivan, Stefano Bonadio, Fabrizio Mozzon, Flavio Camarotto, Monica Faoro, del regalo, uno splendido mosaico, che a loro volta i dipendenti, per mano della veterana Martin e del più giovane Issa Dourte e con la regia della financial accounting Antonella Del Ben, consegnano ai capostipite.
E prima del buffet di Coquina Floreani, Luca Marcolin annuncia l’imminente pubblicazione di un libro su questa lunga cavalcata industria: “Nonostante... si può”. Ode al coraggio di provarci e di superare momenti come la crisi globale del 2008, quando intorno a un tavolo si ritrovarono i soci e una domanda: «E adesso?».
Adesso sono passati dieci anni, l’azienda è cresciuta, ha presentato il nuovo marchio, germogliato dalla creatività di Giacomo Deperu, e guarda con giustificato ottimismo al futuro.
Perché «non è tanto quello che facciamo, ma quanto amore mettiamo nel farlo». Perché, come dimostra il sorriso del piccolo Diego (che per qualche minuto sul palco, in braccio alla sua straordinaria mamma, ha lasciato lontana la sedia a rotelle) davvero “nonostante... si può”. Basta saperci credere.
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