Mareschi Danieli: scommettere sui giovani, così supereremo le distanze che ci frenano

UDINE. Gli industriali udinesi? «Una pattuglia di eroi che continua a investire per far crescere il territorio». La definizione è di Anna Mareschi Danieli, presidente di Confindustria Udine, che archivia in positivo il 2018 ma vede molte nubi addensarsi sul futuro. «L’anno si è chiuso positivamente, soprattutto grazie alle buone performance dei primi sei mesi. Il periodo ininterrotto di crescita iniziato nel 2015 però è finito».
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Poi, cos’è accaduto?
«Nel terzo trimestre abbiamo registrato i primi segnali di rallentamento, pur confermando indicatori in positivo nel raffronto tendenziale (con lo stesso periodo dell’anno precedente), ma negativo in quello congiunturale (rispetto al trimestre precedente)».
Quali sono state le cause?
«Le nostre imprese hanno risentito della domanda interna, ancora in flessione. È andata, e sta andando ancora bene, per le aziende che si rivolgono principalmente al mercato estero».
Al di là degli indicatori su produzione e fatturato, forse ciò che preoccupa di più è il trend degli ordini che l’indagine congiunturale vede in negativo.
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«La riduzione degli ordini, stimata in -4,2%, effettivamente getta ombre sul futuro prossimo, fotografando non solo l’andamento del mercato interno, ma anche il rallentamento registrato in Paesi che sono tradizionali mercati di sbocco per l'export friulano e regionale».
Questo conferma che l’industria friulana resta fortemente vocata alle esportazioni, che sono state poi il motore della ripresa registrata in regione.
«La provincia di Udine in particolare, ma anche il resto della regione, ha un tasso di apertura ai mercati internazionali tra i più alti del Paese, e le esportazioni sono cresciute con una percentuale che è tre volte quella dell’Italia. Sono innegabilmente il nostro punto di forza».
Qualche dato?
«Fatto 100 il totale export regionale, Udine realizza il 39%, Pordenone il 26%, Trieste il 18% e Gorizia il 17%».
Guardando al futuro prossimo? Quali sono le prospettive?
«Il sentiment degli imprenditori è orientato alla prudenza. Incidono evidentemente l’andamento del mercato interno, a oggi asfittico, e quello dell’export che, sebbene in rallentamento, rimane buono. Attendiamo i saldi del quarto trimestre per una valutazione definitiva rispetto al territorio, non trascurando il fatto che Banca d’Italia, registrando il Pil del periodo ottobre-dicembre, di fatto ha sancito per il Paese la recessione tecnica».
E questo che cosa significa?
«Significa che il rischio recessione è davvero dietro l’angolo».
Una preoccupazione in più...
«Una preoccupazione che si somma ad altre, una fra tutte la fragilità del Paese che ha scommesso su una Finanziaria espansiva ma non basata sulla crescita».
Crescita che, peraltro, non dipende solo da noi.
«Certo, ci sono fattori esogeni che influenzano, a partire dall’andamento di Paesi che rappresentano l’approdo delle nostre esportazioni, in primis la Germania, ma anche Francia, Spagna ecc. Un Pil negativo di questi Paesi confermerebbe ancora di più il rischio recessione. C’è poi la Brexit, i cui effetti non sono ancora ben definiti; la fine del Quantitative Easing, rispetto al quale confidiamo sulle dichiarazioni di Mario Draghi circa un suo eventuale prolungamento».
A tutto questo sommiamo le criticità storiche del nostro Paese.
«Criticità che sono veri e propri gap competitivi, dalla burocrazia alle infrastrutture, dai tempi della giustizia al cuneo fiscale. Questioni che dovrebbero entrare nell’agenda di Governo».
Altre priorità?
«Giovani e occupazione, a partire dalla riduzione del divario che c’è tra professionalità richieste dalle imprese e mercato del lavoro».
Gli industriali friulani sono...?
«Una pattuglia di eroi che continua ad investire per far crescere non solo la propria azienda ma il territorio».
Punti di forza dell’industria locale?
«Grande capacità di adattamento, cultura del fare, gestione oculata del patrimonio, flessibilità».
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