Maria da Tamaroz: «Da qui me ne andrò solo in una cassa...»
BORGO TAMAROZ. Spunta dall’ultima casetta, in fondo a borgo Tamaroz, accoccolato in Val Raccolana, sopra la provinciale che da Chiusaforte conduce a Sella nevea e al Montasio. Cammina piano, evidenziando una lieve zoppia. Una sbirciatina al cielo e un sorriso di compiacimento prima di aprire l’ombrello che impugna con la mano sinistra, mentre nella mano destra tiene stretto un bastone che appoggia prima di ogni passo.
Maria Marcon ha 86 anni. È la nonna del borgo. C’è nata. C’è vissuta. E ci vuole morire. Costi quel che costi. E non sarà certo un incendio a farla cambiare idea. Certo, pure lei cresciuta nella miseria e nelle difficoltà, ha avuto paura e ha strascorso diverse notti insonni incollata alla finestra a guardare la rabbia del fuoco che voleva raggiungere il borgo. «Sì - ho avuto paura. Tanta. Ma non ho mai pensato di lasciare Tamaroz per nessuna ragione». Si ferma un attimo per rifiatare, poi aggiunge determinata: «Da qui me ne andrò soltanto dentro la cassa...».
Vive con suo figlio che lavora a Sella nevea. Trascorre le giornate occupandosi delle faccende domestiche, dell’orto. Guarda la tv, ascolta la radio, si concede le sue camminate almeno quando la stagione lo consente. Vive lì da quando è nata. E ricorda gli anni in cui «in ogni famiglia c’erano dieci, dodici persone». Era una paese vero. Vivo. Uno dei tanti paesi di montagna.
«Forse uno fra i più poveri», precisa il sindaco di Chiusaforte, Luigi Marcon. La Val raccolana fino al boom economico degli anni Sessanta era chiamata Val magre (Valle magra), definizione che non ha bisogno di spiegazioni o analisi sociologiche.
«Era una vita dura – dice ancora Maria Marcon – ma ci accontentava, perché eravamo tutti sulla stessa barca». Una barca fatta di poche cose: la casetta, una o due mucche, i fagioli, le patate e il bosco». In passato il bosco faceva meno paura. Il bosco era rispettato. Pulito. Era vita, legname, calore.
«Ricordo – racconta ancora Maria mentre procede con prudenza verso lo spiazzo dove è stato sistemato il quartier generale della Protezione civile – che anni fa, ma non saprei dire con precisione la data, ci fu un grande incendio, ma si risolse in un paio di giorni. Adesso le fiamme hanno più facilità ad alimentarsi perchè il i boschi li abbiamo abbandonati a loro stessi».
Con Maria e suo figlio, a Tamaroz vivono d’inverno meno di dieci persone che diventano una ventina durante l’estate per l’arrivo di emigranti, ma anche di gente che si è imbattuta per caso in quel borgo e se ne è innamorata. «Io di qui non mi muovo, dove vuole che vada – dice ancora la donna –; non mi manca nulla, ho tutto quello di cui ho bisogno e finchè il buon Dio mio concede la salute...».
Maria Marcon, a Tamaroz c’è nata e cresciuta, si diceva. Altri invece, l’hanno scoperta e scelta. È il caso di un ragazzotto che da Gonars si è trasferito lassù. Fa l’imprenditore edile e ha sistemato una casa che è diventata un vero gioello. Non vuole pubblicità. Non ama il clamore dei media. Preferisce rimanere sotto traccia. La sua è stata una scelta di vita ponderata. Lontana dal chiasso. Dalla città. Dallo stress. Dall’ansia. Dalla competitività. Dalla rabbia covata dentro. dalla frustrazione. «Ma non è una fuga – tiene a ribadire – semplicemente una scelta di vita». A Tamaroz ci sta bene, lavora e può praticare tutti gli sport che ama: dallo sci alla montain bike.
«Gli ultimi tre giorni – racconta – sono stati davvero terribili. Abbiamo lavorato senza sosta per mettere in sicurezza il borgo. Osservare le fiamme durante la notte faceva davvero paura. Ma non ho mai pensato di fare marcia indietro. Anzi, sto sistemando la casa perché voglio che sia tutta ok per l’inizio dell’inverno».
Una casa accogliente, csuper rifinita he ha realizzato dalla a alla zeta. All’interno, l’odore del legno è “nascosto” da quello acre lasciato dal fumo.
«Fino a ieri sera – dice ancora – qui dentro il fumo si poteva tagliare con il coltello. Gli occhi mi bruciavano. Ma nessuno si è perso d’animo. Peccato per l’odore. Speriamo che tutti si risolva non appena torneremo alla normalità».
Nel borgo, l’installazione del quartier generale e la presenza di un’ambulanza del 118 ha per così dire rallegrato i residenti che possono seguire in diretta l’evolversi dell’incendio e dei vari interventi per sconfiggerlo. Tutti seguono con interesse il tamtam che arriva via radio ai volontari e ai dirigenti che coordinano tutte le squadre di volontari.
Nonna Maria adesso non ha più paura. Ed è di ottimo umore per la pioggia che ha cominciato a scendere verso le 11. «Non farà miracoli – scherza – ma è sempre meglio di niente. Perlomeno questa mattina ci siamo svegliati senza il fumo che per giorni ci ha fatto bruciare gli occhi e affumicare le pareti delle case. Ci vorrebbero ore e ore di pioggia. Speriamo arrivi la prossima settimana».
Un volontario della Protezione civile la informa che le previsioni dell’Osmer ipotizzano tra lunedì e martedì la possibilità di precipitazioni temporalesche molto più consistenti dell’assaggio di ieri mattina, benefico sicuramente ma non al punto da fermare il fronte delle fiamme che sicuramente continuano ad ardere sotto la cenere.
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