Marilenghe, via libera a tutte le grafie
UDINE. La Regione mette un punto fermo nella codifica delle varianti della lingua friulana. E lo fa con decreto dal presidente della Regione Renzo Tondo così come previsto dalla legge sulla lingua friulana (29 del 2007). «Sono molto soddisfatto di questo risultato perché è stato un argomento a lungo strumentalizzato da personaggi non amanti del friulano», è il primo commento dal presidente dell’Arlef, Lorenzo Zanon. «Abbiamo sempre ritenuto le varianti una ricchezza della lingua che così dimostra la propria vivacità», aggiunge Zanon.
Il direttore dell’Agenzia regionale per la tutela della lingua friulana, William Cisilino, sottolinea invece «l’importanza di un passaggio che va a ribadire un concetto fondamentale: la lingua di riferimento è codificata nel Grande dizionario della lingua friulana, la famosa koinè, ma questa non è in contrasto con le varianti, anzi le due cose devono convivere con pari dignità perché il friulano è una lingua viva e nel parlato ha delle varianti ammesse anche nello scritto. A fare la differenza è il contesto al quale si rivolge: la comunità regionale o una realtà più ristretta. Insomma, il documento chiude la questione sull’uso scritto delle varianti».
L’insieme di regole è redatto in forma di proposta scientifica condivisa e coerente da un gruppo di lavoro presieduto dal direttore del Servizio corregionali all’estero e lingue minoritarie, Giuseppe Napoli, su delega dell’assessore alla Cultura, Elio De Anna. Il gruppo si è insediato nel maggio dell’anno scorso e ha concluso la propria sintesi alla fine del 2012.
Formalmente sono stati Giovanni Frau e Federico Vicario a stendere il testo finale, che ha fatto proprie anche alcune modifiche di carattere non sostanziale suggerite dal comitato tecnico scientifico della Arlef. Per esempio la parola “çavate” (ciabatta) può presentare varianti da indicare con la “z” (zavate) o con la “s” (savate). (m.z.)
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