Mascherine senza certificati: condannata un’imprenditrice
La ditta di Jiayi Zhang aveva fornito i dispositivi a due aziende di Buja e Cividale. La condanna con rito abbreviato: le protezioni erano prive di marchio Ce
UDINE. Con la sua azienda aveva importato e venduto a tre farmacie 15.439 mascherine. Che, da approfondimenti, erano risultate prive della marchiatura Ce. Per questo motivo Jiayi Zhang, ventinovenne di origine cinese ma residente in città, è stata condannata a sei mesi dal giudice monocratico Daniele Faleschini Barnaba.
I legali dell’imprenditrice, gli avvocati Dario Paiano e Ivan Mangiullo, hanno optato per il rito abbreviato, celebrato ieri in tribunale a Udine. Zhang doveva rispondere dell’accusa di frode in commercio: il pubblico ministero nel corso della sua requisitoria aveva chiesto una condanna a un anno e due mesi.
L’imprenditrice, già presidente dell’Unione degli studenti cinesi dell’Università degli Studi di Udine, è titolare della Charming Europe srl, fondata in città alla fine del 2019. Nella prima fase della pandemia, tra l’aprile e il maggio 2020, aveva deciso di darsi da fare attraverso i propri canali per procurare mascherine: era riuscita ad acquistarne importanti quantitativi, in particolare delle marche Yongje, Lvewj e Henghao.
Nel corso di una serie di accertamenti disposti dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Udine erano state sequestrate duecento mascherine facciali Ffp3 alla farmacia Pascolini di Cividale e altrettanti dispositivi Kn95 alla società Promostar di Buja: in entrambi i casi erano state acquistate con regolare fattura dalla Charming Europe.
A maggio la Gdf aveva proceduto al sequestro di 15.039 mascherine facciali di cui 36 destinate a una farmacia di Caserta (trovate nell’abitazione della Zhang) e 15.003 stoccate nel garage dell’ex vicesindaco di Udine, Agostino Maio (che non risulta coinvolto in alcun modo nel procedimento giudiziario), che aveva accettato di conservare i pacchi di mascherine nella propria rimessa.
Le mascherine finite nel mirino delle Fiamme gialle erano prive della marchiatura Ce e non potevano essere commercializzate come dispositivi di protezione individuale: le aziende produttrici avevano ottenuto una bollinatura da parte un ente di certificazione privato, risultato però non inserito tra quelli autorizzati a rilasciare la certificazione.
Come sottolineato dall’avvocato Paiano, «le mascherine Kn95 vanno considerate dispositivi di comunità e non dpi, come evidenziato anche da una recente sentenza della Cassazione: non era nelle intenzioni di Zhang speculare in alcuna maniera, come dimostrano i prezzi di vendita praticati». Scontato il ricorso in appello: Paiano aveva concluso la propria arringa chiedendo l’assoluzione della sua assistita.
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