Massarini: il rock vive, ma oggi non è piú la cultura dominante

GEMONA. Se potessimo avere un’Università del Rock, com’è accaduto ai più fortunati giovani berlinesi, nessun dubbio sul nome del Magnifico Rettore: lui, il numero 1, l’amato Mr. Fantasy, Carlo Massarini, mitico conduttore radio e tv che tutti amiamo.
Lontanissimo dalle autocelebrazioni e sempre attento al mondo che cammina - e corre a bordo di veicoli tecnologici supersonici -, Carlo è testimone, dai primi rolling-scatti di Hyde Park a oggi, della musica giovane, di quella musica che Finardi cantava «ribelle» ma che quei semi di rivoluzione ha smarrito.
Così, tra l’archeologia sonora e visiva e un presente affascinante quanto inafferrabile nelle sue tentacolari declinazioni globali e meticce, sarà bello farsi affascinare dal diario di bordo che Massarini aprirà per noi oggi, alle 18, a palazzo Elti, nell’evento di apertura di Rock Music & Cover Art, iniziativa - voluta dal Comune - tra parola, suono e immagine (40 anni di copertine - 1960-1990 - in mostra grazie ad Angelo Tomasin) per raccontare la storia del Rock.
Polvere rock. Ma come sta il Rock oggi? «Noi siamo figli di un’epoca irripetibile - commenta serenamente Massarini -. Oggi è tutto un altro mondo, la fruibilità è cambiata, i media sono cambiati e si sono moltiplicati, artisti e generi non si contano più. Diciamo, allora, che il nostro Rock è polverizzato in decine di generi e sottogeneri, stili e sottostili. E la polvere la soffi via. Se mi chiedi qual è la qualità della sua vita, ti rispondo con una riflessione che giro a tutti. Anni fa avevo pensato a un libro con i mille dischi più belli di sempre. In quell’età dell’oro, di album da avere ne uscivano 20-30 l’anno; oggi, se ne trovi 5-6 a quel livello, sei fortunato. Così ho lasciato perdere, però la riflessione rimane».
L’età dell’oro. Scorrendo il suo diario di bordo Dear Mr. Fantasy, foto-racconto di un’epoca in cui tutto era possibile (1969-1982), e aspettando il secondo volume - cui sta lavorando -, ti accorgi, con affettuosa e profonda invidia, che lui li ha incontrati e conosciuti quasi tutti.
«Per me - prosegue Carlo - l’età dell’oro va dal 1969 al 1973. No solo per la qualità delle opere, ma anche per lo spirito, per l’aria di rivoluzione che si respirava e che apparteneva a tutti: identificava una generazione, vestita di musica ribelle e di quei testi che spesso parlavano per te. Un aneddoto per capire il cambiamento: da ragazzi, la sera, se c’era un nuovo disco, invece di uscire si stava insieme ad ascoltarlo, a capire la musica e le parole insieme. Lunare, oggi!».
Stelle e dinosauri. Tempi nuovi, ma gli Stones che il giovanissimo Massarini fotografava ai funerali di Brian, sono ancora in giro. Dinosauri? «Non la vedrei così. Anche se la Who generation cantava “spero di morire prima di diventare vecchio”, se vai a un concerto di queste stelle che dinosauri non sono e chiudi gli occhi e non guardi le rughe, suonano addirittura meglio di un tempo. Penso al Boss (il Rock è lui), a Mc Cartney al Colosseo: la sua non è una cover band dei Beatles, suonava esattamente come i Beatles, senza sbavature, tecnicamente impeccabile, un suono antico e nuovo insieme. Così anche per quel che resta dei Beach Boys». Certo che per gli amatissimi cantautori è forse più semplice. «È vero, e sai una cosa? Prendi Leonard Cohen: quando, a 75 anni, canta Suzanne, è comunque più credibile dei quasi grotteschi Aerosmith!»
Musica ribelle. «La musica ribelle di oggi - conclude Massarini - è quella indie, quella di cui furono grandi alfieri i Rem e altre band. Ma il mondo è cambiato: un tempo, da Santana a Tina Turner, dai Cream ai miei adorati Traffic, tutto era Rock, cultura rock. Oggi non più». E la rivoluzione? E la curiosità? «La curiosità sta scemando, i ragazzi hanno talmente tanto che si accontentano. Noi non l’abbiamo mai fatto!». Parola di Rettore. Magnifico.
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