Massimiliano e il mutuo per il Castello di Miramare: la storia inedita svelata dalle carte del Tavolare di Trieste
Solo con lunghe trattative iniziate nel 1856 Massimiliano d’Asburgo riuscì a comprare tutti i terreni che gli servivano. Per finire il maniero chiese 550 mila fiorini d’oro. Alla sua morte toccò a Francesco Giuseppe estinguere il mutuo per cancellare l’ipoteca al Tavolare

«Mia cara, in questo posto da fiaba a strapiombo sul mare, sorgerà il nostro castello. I soldi? Li troveremo, faremo un mutuo con la Casa Imperiale». È lecito supporre che sia andata più o meno così tra Massimiliano e la sua sposa Carlotta quando le annunciò che stava per venire alla luce una meraviglia. C’è, insomma, un pezzetto di storia, totalmente inedito, da raccontare su Massimiliano e Carlotta e sul loro castello.
I “sacri libroni” del Tavolare offrono ancora una puntata sulla vita degli Asburgo a Miramare, oggi un’attrazione da un milione di visitatori l’anno. Le carte custodite al Tavolare riservano una sorpresa e così si scopre che il castello è stato costruito anche grazie a un mutuo di 550 mila fiorini d’oro (oggi circa 9,3 milioni di euro) concesso dalla Casa d’Austria e gravato da un’ipoteca registrata al Tavolare di Trieste. Il castello è censito nelle pubbliche tavole nella Partita 510 dell’allora Comune di Villa Prosecco.
Il segreto racchiuso nelle pagine del Tavolare
Per fortuna dell’Arciduca Ferdinando Massimiliano, all’epoca l’austera Christine Lagarde non era ancora nata nè poteva ancora esistere la Banca Centrale Europea. Così quando chiese quell’ingente somma per il completamento del castello non aveva la preoccupazione di dover appena salire sulle montagne russe dei tassi variabili. Nell’essenzialità delle date e delle cifre la storia della nascita del castello e del parco di Miramare sta tutte in quelle pagine del tomo “alloggiato” negli uffici di via Carpison, a Trieste.
Il librone è ben conservato e le scritture sono perfettamente leggibili grazie al certosino lavoro del direttore Massimiliano Bonaccorsi e dei due coordinatori Giuliana Zorzetto ed Enrico Gottardis, i “sacerdoti” del Tavolare. Le unità di misura sono ancora quelle dell’impero austro-ungarico, sono espresse in jugeri e klafter. Quest’ultimo corrisponde a 1,896 metri lineari e a 3,597 metri quadrati, lo jugero a 2.519,9 mq.
La nascita e lo sviluppo del Parco
Il foglio A ci narra come si sia gradatamente sviluppato il parco. Massimiliano, a Trieste fin dal 1850 (s’imbarcava qui come ufficiale della Marina militare austriaca) aveva messo gli occhi su quel pezzo di terra vicino al mare. Un promontorio da bonificare che sovrastava Grignano. Si era subito trovato di fronte a quella che oggi verrebbe definita una complessa operazione immobiliare. Un fondo frammentato in diversi terreni agricoli. Ma questo non aveva scoraggiato il giovane Massimiliano che dal 1856, quando appare la prima scrittura sui libroni, comincia a contattare i proprietari dei terreni. Sempre il foglio A illustra con dovizia di dettagli la situazione. L’area dove sarebbe sorto il parco era costituita da cinque catastali: i 1506, 1507 e 1508 erano adibiti al pascolo, il 1524 a vigna e il 238 a casa di proprietà, dal 27 ottobre 1803 “di Giuseppe de Garzoni, passati con contratti di permuta e di compravendita fino a Sebastiano Cavaliere Schertzenlechter”. Il 29 ottobre 1856 erano stati acquisiti da Massimiliano dopo lunghe trattative.
Una lunga serie di trattative
Ma era solo l’inizio. A partire da quell’anno era cominciata una lunga serie di compravendite di oltre 160 catastali, che andavano a dilatare sempre più l’area. Il foglio B registra tutto lo “shopping” fondiario di Massimiliano, cominciato nel 1856 e protrattosi fino al 1867. Massimiliano ormai aveva deciso, a Miramare avrebbe coronato il suo sogno, lì sarebbe sorto il suo castello come dimora sua e della consorte, la principessa Carlotta del Belgio. L’Ardiduca era innamorato di quel paesaggio, voleva una camera (e uno studio) con vista da dove nelle giornate più limpide avrebbe potuto scorgere la laguna gradese e più a Nord le sagome, d’inverno zuccherate, delle Alpi Carniche.
I lavori del castello
I lavori del castello presero il via nel 1856 e non furono privi di intoppi, malgrado non ci fossero ancora da affrontare i grovigli burocratici del bonus facciate. Anche quando Massimiliano era vicerè del regno lombardo-veneto (1857-1859) e risiedeva a Milano, veniva spesso a Trieste per seguire in prima persona lo stato di avanzamento della costruzione. Il primo progetto era stato affidato all’architetto Carl Junker ma era stato bocciato, come finì nel cestino anche il disegno di Giovanni Andrea Berlam (figlio di Arduino che ideò il faro della Vittoria). Solo un secondo progetto di Junker convinse l’arciduca. Il castello sarebbe stato edificato con le pietre d’Istria e in stile eclettico.
La richiesta del mutuo
Nel frattempo l’Arciduca aveva provveduto a chiedere il mutuo al Fondo di famiglia della Casa d’Austria, come ampiamente riportato nel foglio C del Tavolare. Evidentemente dopo aver speso una ragguardevole cifra per acquistare i terreni e per avviare i lavori, era rimasto quasi in bolletta.
«In base alla nota del Gran maresciallo di Corte di Vienna del settembre 1867, alla obbligazione del 17 gennaio 1859 e alla quietanza datata Trieste 29 gennaio 1862 emesse da Sua Altezza Imperiale e Reale il Serenissimo Signor Arciduca d’Austria Ferdinando Massimilano, ora sua Maestà Imperatore del Messico, in sicurezza dei capitali di fiorini 550.000 dovuti al Fondo di Famiglia della Austriaca Casa Imperiale aggravando anche la partita tavolare 1883 del Comune censuario di Contovello».
L’intera proprietà di Miramare, quindi, era stata ipotecata in garanzia del prestito-mutuo. Una volta lasciata definitivamente Milano, Massimiliano potè rientrare a Trieste e dedicarsi interamente alla realizzazione del castello assieme a Carlotta.
Dalla favola alla tragedia
La coppia visse per un periodo nel vicino castelletto e prima del 1860 si stabilì al pianterreno che era pronto in attesa che ultimassero il castello. Un anno più tardi Massimiliano e Carlotta presero possesso del maniero: la privacy però non era del tutto garantita. Al piano superiore spesso vi soggiornavo Elisabetta, prima di partire via mare per i suoi lunghi viaggi. Tra le due cognate, tuttavia, i rapporti non erano idilliaci.
La bella favola nel castello baciato dal sole, in mezzo a quella ricca vegetazione che l’Arciduca adorava, durò neppure quattro anni per trasformarsi presto in tragedia.
La morte e la pazzia
Su invito di Napoleone III e di alcuni latifondisti e conservatori messicani, Massimiliano accettò la corona del Messico il 10 aprile 1864. A tradirlo fu la sua ambizione. Salpò con la fregata Novara da Trieste assieme alla moglie Carlotta, per prendere possesso delle terre messicane. Vi sbarcò il 28 maggio, ma non trovò tappeti rossi sotto i suoi piedi.
Il nuovo Imperatore dovette fare i conti con la resistenza dei liberali messicani che s’alienò definitivamente quando fece fucilare alcuni ufficiali del loro leader ed ex presidente Benito Juarez. Napoleone III di fronte alla resistenza messicana e all’immobilismo degli Stati Uniti, ritirò le sue truppe. Massimiliano era spacciato.
Carlotta si precipitò in Europa alla ricerca di alleati ma non ne trovò. Se ne tornò a Miramare ormai in preda alla pazzia. L’Arciduca Massimiliano, a lungo assediato, fu infine catturato. Una corte marziale degli oppositori repubblicani lo condannò alla fucilazione. Venne giustiziato il 19 luglio del 1867. Maria Enrichetta d’Asburgo Lorena, regina del Belgio, inviata dal marito re Leopoldo II con il compito di riportare in patria la povera Carlotta, fece del suo meglio per nasconderle la morte del consorte. Nel gennaio dell’anno successivo la fregata Novara rientrò a Trieste con la salma (in pessime condizioni) di Massimiliano che venne tumulata a Vienna nella cripta dei Cappuccini.
L’ipoteca sul castello
Dopo la sua scomparsa sul castello gravava ancora l’ipoteca iscritta al Tavolare relativa al mutuo di 550 mila fiorini d’oro concesso dalla Casa d’Austria. Ecco cosa sta scritto sul foglio C del tomo:
«L’iscrizione del Giornal Numero 8614 del 29 settembre 1867 registra il passaggio di proprietà a seguito della morte di Massimiliano d’Asburgo. Si intavola il diritto di proprietà della presente realità (ad eccezione della casa con orto abitata dal capitano di fregata Edoardo Radonetz) a nome di Sua Maestà Carlotta del Messico».
Ma la vedova non era in grado di restituire quella somma e soprattutto non aveva più la facoltà di intendere e volere. Lo psichiatra dottor Bulkens, dopo molti falsi tentativi falliti, scrisse di suo pugno due telegrammi che Maria Enrichetta farà leggere a Carlotta. Solo il secondo firmato da re Leopoldo la convincerà a partire. Re Leopoldo e l’Imperatore Francesco Giuseppe, intanto, trovarono un accordo per la spartizione dei beni di Massimiliano e Carlotta.
Sta di fatto che troviamo una successiva iscrizione del 3 gennaio 1868 con la quale la proprietà passò al fratello maggiore di Massimiliano, Francesco Giuseppe, il quale nel 1871 restituì i 550 mila fiorini d’oro al Fondo imperiale, praticamente a sè stesso e con quell’atto venne cancellata l’ipoteca al Tavolare, com’è d’uso, con una penna rossa.
Subentrerà poi l’Erario della Corte austriaca fino a diventare, con decreto legge del 2 febbraio 1923 a firma di Vittorio Emanuele III, Mussolini, Oviglio e De Stefani, proprietà demaniale dello Stato. La fiaba del castello, valorizzato da una Contessa, ricomincia ai giorni nostri, con la sua seconda, luminosa vita.
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