Massimo Tammaro racconta le sue vite: dalle Frecce all’arte

Dalle Frecce Tricolori – prima leader, poi comandante – alla Ferrari e all’arte. Di vite, Massimo Tammaro, ne ha avute tante e progetta di viverne altre, altrettante avventurose. Dopo Rivolto e Maranello, dove ha ricoperto diversi ruoli manageriali, tutti legati al problem solving, la la nuova sfida si chiama villa Bartolini, edificio storico di Varmo, dove l’ex pilota ha deciso di mettere radici con la famiglia. Tammaro la sta ristrutturando per trasformarla in un suggestivo spazio per l’arte, la sua passione di sempre assieme a quella dei motori.
Questo ed altro ha raccontato al Lions Club Udine Host Massimo Tammaro, su invito dell’amico e presidente Attilio Imi. L’ospite ha incentrato il suo intervento sul concetto di squadra e sulle virtù da possedere per farne parte: umiltà, fiducia, rispetto, lealtà, empatia, “intimacy”. «Anche se, per ottenere performance elevate, non serve avere gli stessi gusti o essere “amici”: basta essere competenti, altruisti. In squadra ogni persona è fondamentale per raggiungere gli obiettivi».
In un breve excursus ha ricordato i primi passi in Aeronautica – l’Accademia di Pozzuoli, la scuola di volo a Lecce, gli anni sui caccia e poi sul MB-339 della Pan –, i sette anni nella scuderia Ferrari («mi sono dimesso, avevo imparato tanto, volevo tornare in Friuli, dalla mia famiglia»), gli studi ad Harvard, la libera professione, la formazione, il sogno di trasformare una villa veneta del’600 in un centro d’arte dove proporre concreti e mostre.
E sul fascino esercitato dall’aeronautica sui giovani, conclude: «È diminuito. Volare appare un mestiere meno prestigioso di un tempo. I valori e le aspettative della millenial generation sono diversi... in compenso crescono senza sosta i fan delle Frecce».
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