Massofisioterapia, i Nas “frenano”

Troppe denunce anonime e immotivate. Il caso di due cividalesi
Di Luana De Francisco

Occhio a denunce e sequestri affrettati, nel campo della massofisioterapia. L’eccesso di zelo, a volte, rischia di fare più danni che altro. E se ad affermarlo sono proprio i controllori, cioè coloro che per mestiere vigilano sulla corretta applicazione della legge, c’è da crederci. Porta la firma del comandante del Comando carabinieri per la tutela della salute, il generale Cosimo Piccinno, la circolare che, qualche mese fa, è stata diramata ai nuclei di tutta Italia, per invitare i colleghi a valutare con estrema attenzione, normative alla mano, chi può e chi non può esercitare la professione. Evitando, quindi, di dare retta a tutte le segnalazioni, spesso anonime, che con sempre maggiore frequenza vengono fatte recapitare in caserma.

Il Friuli non fa eccezione e l’abbondanza di casi di presunto abuso della professione sanitaria approdati davanti al tribunale ne è la prova. Tra i più recenti, quello di due dottori in Scienze motorie, Freddy Romano e Andrea Zuliani, con studio a Cividale: processo non per niente concluso con sentenza di assoluzione piena per entrambi gli imputati. Eppure, all’esito delle indagini dei Nas, il pm li aveva accusati di avere praticato l’attività di fisioterapista/massofisioterapista, svolgendo mansioni proprie del medico. E cioè, effettuando diagnosi già svolte dai medici, dando giudizi prognostici su malattie ed eseguendo manipolazioni del corpo umano a scopo curativo, in mancanza di specifica abilitazione. “Il fatto non sussiste” la formula adoperata dal giudice Francesca Feruglio per sollevarli da qualsiasi ipotesi di reato. Un caso, quello dei titolari dello “Studio di analisi biomeccanica sas”, simile a tanti altri.

«Non può in alcun modo essere qualificato come attività diagnostica il semplice esame della documentazione sanitaria - ha affermato il giudice nelle motivazioni alla sentenza -, che non veniva comunque effettuato per affermare o confermare l’esistenza di patologie, ma semplicemente allo scopo di conoscere in maniera esatta le condizioni fisiche e le limitazioni funzionali delle persone che si rivolgevano loro e programmare così le sedute di ginnastica, necessarie al recupero motorio».

Non meno significative le affermazioni del comandante del Nas, che, nel definire la «rilevante questione meritevole di definitivo chiarimento», ha ricordato come «una non corretta azione di vigilanza della specialità potrebbe anche provocare ingiusti danni economici all’intera categoria». Da qui, la prima importante indicazione diramata ai nuclei: il massofisioterapista non è associabile al massaggiatore, «esplicando quest’ultimo un’arte ausiliaria della professione sanitaria». Soddisfatto per il risultato raggiunto, il difensore dei due cividalesi, avvocato Guglielmo Pelizzo, ha insistito sulla complessità della normativa, peraltro in continua evoluzione e di non facile interpretazione. «I contorni dell’attività medica, fisioterapica e di recupero motorio - osserva il legale - sono molto incerti e ciò determina, troppo spesso, contestazioni non sufficientemente ponderate in ordine alla sussistenza della fattispecie penale dell’esercizio abusivo della professione. Per questo, sono stati affrontati diversi incontri, anche a livello ministeriale, ma senza mai giungere a una conclusione definitiva». E del caso udinese si è discusso anche in occasione del recente V congresso nazionale della Dmsa, a Verona.

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