I primari di Pordenone bocciano il piano oncologico regionale: «Penalizza il nostro ospedale»
Una lettera inviata al governatore Fedriga e all’assessore Riccardi: «I volumi di attività e i risultati giustificano la permanenza degli interventi»
I primari dell’ospedale di Pordenone bocciano il nuovo piano oncologico regionale. I medici, attraverso una missiva inviata al governatore Massimiliano Fedriga, all’assessore alla Salute Riccardo Riccardi e alla Terza commissione, auspicano una revisione del documento, «che penalizza – si legge nella lettera – l’attività chirurgica oncologica del nostro presidio».
Ci sono voluti nove anni per costruire un sistema di chirurgia oncologica complessa capace di rendere Pordenone un punto di riferimento a livello regionale e non solo. Lo stesso sistema che oggi rischia di venire smantellato dal nuovo piano oncologico regionale, che punta ad accentrare gran parte delle discipline a Udine.
Solo l’ospedale Santa Maria della Misericordia, infatti, conserverebbe tutte le funzioni di chirurgia oncologica, mentre gli altri presidi verrebbero privati della possibilità di trattare alcune patologie.
Tra i diversi tagli che lo riguardano, l’ospedale di Pordenone non potrebbe più operare le neoplasie del polmone, dell’esofago e del pancreas. Ciò che lascia perplessi i medici è il fatto che, in alcune delle specialità tagliate, il Santa Maria degli Angeli ha registrato numeri più elevati rispetto al presidio di Udine, al cui interno sono operative due chirurgie. Per quanto riguarda il pancreas, per esempio, sono venti gli interventi eseguiti a Pordenone, a fronte dei sedici fatti a Udine dai due reparti.
«Gli interventi chirurgici per neoplasie del pancreas, del fegato, del cardias e del polmone vengono da molti anni eseguiti nel nostro centro con volumi in linea con altre realtà della regione, in alcuni casi superandole – hanno precisato i primari nella missiva –. Questo ha permesso all’equipe di chirurgia di limitare le fughe dei pazienti e attrarne di nuovi. Il reparto, inoltre, è specializzato anche in interventi combinati con le altre unità operative, in particolare con l’urologia, chirurgia vascolare e otorinolaringoiatria».
Perdere queste funzioni per i professionisti significherebbe sminuire il ruolo dell’ospedale e porterebbe a una perdita di giovani chirurghi e pazienti, gran parte dei quali migrerebbero fuori regione. Senza dimenticare il fatto che, depotenziare il reparto porterebbe conseguenza negative anche nell’ambito della chirurgia robotica.
Nel 2024 sono state operate cento neoplasie maligne col robot, numero più alto di tutta la regione. «I volumi di attività e i risultati giustificano ampiamente la permanenza degli interventi nel nostro presidio hub – hanno concluso i primari –. Chiediamo, quindi, una revisione del piano oncologico regionale che preveda l’inclusione attiva del nostro presidio».
Nel frattempo, il direttore dell’Asfo, Giuseppe Tonutti non si è espresso sulla questione. «Non mi sbilancio a riguardo – ha precisato –. Restiamo in attesa di capire i prossimi sviluppi».
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto