Meglio le garanzie dei soldi: così cambia il bonus casa

Negli anni le domande di contributo si sono progressivamente ridotte. Le banche richiedono fideiussioni alle coppie giovani che la Regione fornirà

TRIESTE. Come cambia il contributo regionale per l’acquisto della prima casa con la legge Santoro, che verrà approvata, con ogni probabilità, nella seduta del consiglio regionale in programma oggi? Cosa dovranno fare le giovani coppie per accedere a quel finanziamento che ha permesso, in questi 11 anni di attuazione, di ammortizzare le spese per comprare un immobile di proprietà? È uno degli snodi più discussi e delicati dell’intero impianto normativo della legge.

Premessa: il contributo non scompare. Ma cambia, soprattutto concettualmente. La Regione vincola quel contributo a particolari condizioni di acquisto: solo chi compera e ristruttura casa può accedervi, mentre nessuna chance è concessa a chi intenda costruire un’abitazione nuova, o acquisisca un immobile che non necessiti di alcuna manutenzione.

Non solo: la Regione interviene pesantemente sul fronte delle garanzie bancarie, prevedendo un tesoretto (almeno 2 milioni di euro per quest’anno di sperimentazione) per coprire le richieste.

Perché cambia così la filosofia di fondo che porta all’erogazione del contributo? Negli ultimi anni, le domande di mutuo regionale erano crollate. Il problema principale erano le garanzie bancarie, legate a doppio filo con la condizione economica precaria della maggior parte dei giovani. Spesso, giovani coppie sprovviste di contratti di lavoro a tempo indeterminato, dovevano chiedere ai genitori di fare da garanti.

La Regione, oggi, intende sostituire o, comunque, partecipare al ruolo di tutore delle giovani coppie. Risultato: potenzialmente, la platea dei beneficiari del contributo si allarga, visto che lo scoglio delle garanzie viene sommerso dalle tutele regionali. Contestualmente, si riduce il ventaglio di alloggi che possono beneficiare di un “aiutino” regionale.

Scorrendo le tabelle che sono state fornite dalla Regione, si scopre che il contributo regionale entra empiricamente in scena nel 2004, quando vengono presentate 2 mila 438 domande. Nel 2005, la quota prende il volo, si impenna fino a quota 4 mila 225 domande. Nuovo boom nel 2006 (6 mila 186), crescita anche nel 2007 (6 mila 811). Quindi, la flessione nel 2008 (5 mila 601), con piccoli segnali di declino nel 2009 (5 mila 78), nel 2010 (4 mila 995) e 2011 (4 mila 661). Poi, con l’arrivo del 2012, si abbatte la maledizione dei Maya: le richieste di mutuo precipitano a 2 mila 48, meno della metà rispetto all’anno precedente.

La discesa libera non si è arrestata negli anni successivi. Stilando un bilancio, si può dire che dal 2004 al 2014 sono state presentate 46 mila 852 domande, e più del 77 per cento, ammesse a finanziamento. Il periodo d’oro dell’intervento è nei 5 anni dal 2006 al 2010, con più di 28 mila domande (più del 60 per cento del totale).

L’assessore regionale all’Edilizia Mariagrazia Santoro, martedì scorso, al termine della seduta d’aula del Consiglio regionale, spiegava che «il ventaglio degli aventi diritto al contributo si amplia di moltissimo. Qual’era la vera esigenza? Assecondare le richieste di mercato. Rispetto a dieci anni fa, i giovani hanno bisogno di garanzie diverse. E lì è intervenuta la Regione».

L’opposizione contesta pesantemente questa lettura «legata all’assistenzialismo, che condanna lo sviluppo» hanno detto, a più riprese, Roberto Revelant (Autonomia responsabile) e Riccardo Riccardi (Forza Italia). Revelant fa notare che «la scelta di togliere il contributo a chi acquista una casa senza doverla ristrutturare, è senz’altro un colpo all’economia immobiliare.

Il prezzo più grande lo pagheranno ancora i giovani, che per avere una casa di proprietà dovranno accendere un mutuo non solo per l’acquisto del fabbricato ma anche per le successive spese di ristrutturazione, aumentando di fatto i costi». Oggi la resa dei conti finale anche se è scontata l’approvazione della legge.

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