Mezzomonte si ribella: «Basta con l’ecomostro»
POLCENIGO. «Ecomostro, basta». Il cartello è sbiadito dal sole, in piazza a Mezzomonte. Lo skyline sotto al campanile, è quello di una trentina di pilastri di cemento armato, con i ferri che reggono un filo del telefono volante. Una ventina di torri mozze tra ferri e le erbacce: sono un pugno nell’occhio dal belvedere naturale, affacciato sulla pianura. Una volta c’era la scuola, al posto del cantiere abbandonato.
«Da 12 anni conviviamo con l’ecomostro e non ne possiamo più – dice Giacomo Mezzarobba –. È la vergogna del paese. Il cantiere-rudere è uno sfregio ambientale. Dicono che il nostro territorio è un’isola felice? È una presa in giro, perché ci sentiamo abbandonati come il cantiere-mostro».
Ci mette la faccia, Mezzarobba per segnalare quello che non va. Nella frazione di Polcenigo si contano 27 residenti per 9 mesi all’anno e d’estate si moltiplicano fino a 500, con i ritorni degli emigranti in ferie.
«Con i francesi facciamo volontariato per tagliare le erbacce e sistemare il paese – racconta il vice presidente della Pro –. Chiediamo soluzione sull’ecomostro. Doveva essere un albergo: la proprietà era del “conte” Mezzarobba, che è mancato in terra francese. I figli non ne vogliono sapere del progetto».
Lo scheletro di cemento armato chiede un riscatto. «Gli eredi del “conte” devono pagare una multa di 254 mila euro al Comune di Polcenico per lavori non finiti – elenca i danni –. Ma non saldano il conto. Un esproprio sarebbe la soluzione, per togliere questo scempio dal centro del paese. La speculazione edilizia deve finire».
Così tornerà a vivere un angolo di paradiso. Vogliono riconquistare la bellezza, a Mezzomonte. «Paghiamo lo scotto dalle grandi e insostenibili contraddizioni – aggiunge –. Qualcuno ha pensato di incassare, di fare la furbata, forse. Si potrebbe abbattere con le ruspe, questo mostro di cemento. Oppure espropriarlo per ricavare un centro sociale o un hotel come era in progetto 12 anni fa. Bisogna fare qualcosa: basta con l’immobilismo».
Circa 10 mila metri cubi per l’opera incompiuta. I conti a braccio, valutano un investimento di 500 mila euro («Soldi del 2001», dicono a Mezzomonte) e di un altro milione di euro che sarebbe servito per completare l’albergo.
«All’improvviso il cantiere è stato chiuso – ricorda l’evento Mezzarobba con i compaesani –. Se ne sono andati tutti. Hanno lasciato i garage interrati nel fianco della montagna, con il rivestimento di perlinato. Le erbacce stanno aggredendo il cemento. È un disastro di speculazione edilizia. Pensare che tanti residenti avevano venduto piccoli lotti di terra, per dare spazio all’albergo».
A Mezzomonte non ci sono hotel, manca la pompa di benzina, i quotidiani e riviste si trovano 4 chilometri a valle e il pane fresco lo porta in paese il barman. «I turisti arrivano per la castagnata e le feste estive – spiega Mezzarobba –. Flussi alti e qualche americano della Base ci chiede dove si trova il bancomat: non esiste, nella nostra frazione».
I dubbi che l’ecomostro ispira? «Sulla speculazione edilizia, le concessioni facili – elenca Mezzarobba –. Adesso dobbiamo gestire lo scheletro della vergogna».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto