Migliaia di alpini hanno sfilato a Pordenone

PORDENONE. «Questa è l’onda lunghissima della vostra magnifica adunata nazionale, siete stati la vera volta di un evento che resterà nel cuore di tutti». Manca poco a mezzogiorno, 33 gradi sotto il sole, ma gli alpini ci sono lo stesso, come un anno fa, quando avevano sfilato sotto la grandine, così come c’era la gente, lungo i corsi, in piazza XX Settembre, in viale Martelli.
L’adunata sezionale numero 40, in città per i novant’anni di costituzione della sezione, è stata un successo: «Temevamo poca partecipazione per il caldo», confidano gli organizzatori. E invece «al suono dei tamburi e del Trentatrè» molti hanno scelto di tornare in strada, di affacciarsi ai balconi, di riabbracciare gli alpini che fanno il pieno. Perché, per dirla con le parole del vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello, «siete un esempio di altruismo, di senso del dovere e delle istituzioni, un’associazione che con il suo impegno e la sua presenza capillare contribuisce in modo determinante alla coesione sociale del Friuli Venezia Giulia».
C’è poco da fare, sorride l’assessore Bruno Zille, alpino e tra gli organizzatori di Pordenone 2014, «siamo patria alpina, uno spaccato di storia e di attualità. Due famiglie su tre hanno una penna nera, di oggi o di ieri, magari un disperso o un caduto di guerra. E la dimostrazione di affetto è la presenza di tanta gente, la risposta è stata concreta».
«Non volevo uscire per il caldo, ma quando ho sentito i tamburi e le fanfare dalla finestra, mi sono venuti i brividi e sono tornato in strada, come l’anno scorso», racconta un giovane pordenonese. Così come lui, tanti altri, per applaudire un’ora esatta di sfilata. A festeggiare il compleanno, rappresentanti delle sezioni di Vittorio Veneto, Conegliano, Palmanova, Gorizia, Venezia, Torino, di Portogruaro e Fossalta, dell’Emilia Romagna, i “cugini” bersaglieri – che in piazza XX Settembre hanno ceduto il passo alla... corsa – con lo slogan “Lunga e feconda vita all’operosità della sezione di Pordenone”.
Ad aprile la sfilata, la Filarmonica cittadina con gonfaloni e primi cittadini di quasi tutta la provincia, le crocerossine, il labaro del Galilea, dei maestri del lavoro, del Nastro azzurro, dei caduti e dispersi in Russia, dell’Avis. Quindi tanti alpini con la maglietta azzurra, suddivisi per zona di provenienza, con le bande di Bagnarola, di Meduno, di Valvasone, di Roveredo in Piano e i cori Ana Montecavallo, di Spilimbergo, di Aviano, di Maniago, i tamburini di Sesto al Reghena, il bandierone del gruppo Pordenone centro sopra il quale, in piazza XX Settembre, alcune donne hanno lanciato petali di rose, i volontari della protezione civile con le unità cinofile, il gruppo sportivo, e, per finire, 90 grandi tricolori, tanti quanti sono gli anni della sezione, le stesse bandiere che domenica prossima sfileranno a Conegliano, al raduno triveneto.
«Non dimenticate la vostra storia, non perdete il vostro entusiasmo», è stato l’appello di monsignor Otello Quaia, durante la messa in San Marco. Gli alpini non dimenticano e schierano, in prima fila, alcuni reduci: Ottavio Pes, di Fontanafredda, Giovanni Cimolai, di Pordenone, accompagnato dal fratello, fondatore dell’omonimo impero industriale, Armando, Onorino Pierobon, di San Quirino, superstite del Galinea, Egidio Poles. Sfilano a bordo di una campagnola e sono le vere star della giornata.
Gli alpini sfilano in discesa, in centro («attenzione, siamo abituati a salire»), sfilano anche per i marò, «dimenticati dallo Stato», dice lo speaker Ilario Merlin tra gli applausi, in ricordo di Giovanni Coan di Caneva, di tutti gli alpini andati avanti, in missione all’estero, impegnati in famiglia o per le comunità, sfilano «armati come siamo di fede e di amore», come ricorda la preghiera recitata da Vincenzo Peresson di Prata. Poi il tradizionale rancio a parco Galvani, sino al tardo pomeriggio. E il bilancio del presidente Giovanni Gasparet: «L’anagrafe comporta un calo fisiologico, ma tanti “dormienti” si sono risvegliati, tanti giovani si sono fatti avanti. Continueremo ad essere utili per la comunità e, se ci sosterrete, feste così ne faremo per altre decine d’anni».
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