Minozzi: «Telsen Sao? La rifarei»

L’ex santone: «Ricordo David, era introverso e un po’ nervoso»
Oggi, che la verità sembra più vicina, parla volentieri di allora. Di un’esperienza, Telsen Sao, di cui non è affatto pentito, che se tornasse indietro rifarebbe. Renato Minozzi, il fondatore del cenacolo 33 e di Telsen Sao, il santone di quella che per tutti era una setta impenetrabile ma che lui descrive in termini ben diversi, aspetta con fiducia che sia fatta giustizia. Minozzi, si ricorda dei Rosset? Come li conobbe? «Furono loro ad avvicinarmi. Se non ricordo male, Rosalinda ha sempre avuto la passione per l’astrologia e la magia e con il marito aveva questa passione per l’esoterico. Quando seppero della mia esperienza e dei viaggi a Stonehenge vollero incontrarmi. Da là nacque la frequentazione e quando furono maturi i tempi per la nascita del cenacolo entrarono a farne parte da subito». Si ricorda di David? Come mai frequentava il gruppo? «Il gruppo consentiva solo ai maggiorenni di aderire, tanto che la stessa Annalaura dovette attendere. Ma i genitori erano responsabili dei figli. C’erano anche i miei figli, i Rosset portavano David e Deborah. Ricordo David come un ragazzino piuttosto introverso e un po’ nervoso, che aveva un legame particolarmente forte con la madre. Diciamo che lei interveniva per lui ogni qualvolta potesse averne bisogno. Del resto era Rosalinda il vero capofamiglia». Le diede anche il compito di guidarvi nei viaggi astrali... «Fu lei che si propose. Ha sempre avuto l’ambizione di essere un capo all’interno del gruppo». La Bizzo ricostruì la scena del delitto proprio in un viaggio astrale. Se lo ricorda? «Sì, ricordo che si era offerta di fare questo viaggio, che fu anche ripreso, e la cassetta venne data agli inquirenti. Pensandoci oggi ci sono parecchie cose che mi fanno venire i brividi. Come il fatto che la sera del 2 febbraio partecipò tranquillamente all’incontro che facemmo con le forze di polizia per collaborare. E poi continuò a rimanere nel gruppo mentre David smise di venire quasi subito». Si ricorda se Annalaura aveva un rapporto particolare con Rosalinda o con David? «Non collego l’amicizia tra le due, però so che fu Rosalinda ad accompagnarla a casa la sera prima, per cui fu l’ultima di noi a vederla. Si erano viste per le prove del gruppo. Quanto al rapporto tra lui e Annalaura ho il ricordo di un ragazzetto e di una donna cresciuta. Però non ho mai notato che guardasse Annalaura con aria sognante». Ma potevano sapere dove lavorava Annalaura? E’ vero che tutti sapevano tutto all’interno della setta? «Sapevamo il nome della famiglia per la quale lavorava Annalaura, ma non certo l’indirizzo della casa. Non è vero che tutti sapevano tutto degli altri. Le persone fuori facevano comunque la loro vita». Di Telsen Sao si è detto di tutto in questi anni. Cos’era? «Eravamo accomunati dalla ricerca del paranormale, al confine tra realtà e fantasia. Ci vedevamo il mercoledì o giovedì sera per un incontro informale e poi la domenica per una giornata di festa, giochi». Oggi che torna con forza l’ipotesi di un delitto maturato nell’ambito di Telsen Sao, si sente o si è mai sentito responsabile dell’omicidio di Annalaura? «Assolutamente no. Sarebbe come se il presidente di un’associazione o un parroco si sentissero responsabili perché due associati o due parrocchiani fossero protagonisti di un reato grave, o di un delitto. Non ho rimorsi. E’ stata una bellissima esperienza, che senz’altro rifarei. Ancora oggi molte persone mi hanno chiesto di ricreare il gruppo, ma il mio percorso è stato un altro». Crede che se non ci fosse stato l’assassinio di Annalaura Telsen Sao avrebbe continuato a esistere? «No perché ormai si stava arenando. Con noi c’era anche un sacerdote. Già nell’87, quando tentammo l’esperienza del volo astrale, lo spirito stava scemando». Crede che la verità sul delitto Pedron sia finalmente arrivata? «Lo spero proprio e spero che i giudici non si facciano intenerire troppo dai vivi, ma pensino anche ai morti».

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