Miriam, la mamma "cavia" per il vaccino anti Covid: «Vi racconto perché ho deciso di sperimentarlo sulla mia pelle»

PADOVA. C’è anche una veneta tra le persone che testate per il vaccino italiano di ReiThera. Ieri la società ha annunciato che è stato completata la prima parte dei test e il suo candidato “Grad-Cov 2” è ben tollerato e induce risposta immunitaria. Anche se bisognerà aspettare la fine dell’anno per la pubblicazione degli studi.
 
«Non so a che punto sia lo sviluppo del vaccino, so che io non ho avuto alcun effetto collaterale» spiega Miriam Fadelli, cinquantenne, di San Donà di Piave, ma di origine trevigiana. «In tanti mi chiedono a che punto è la sperimentazione, sento parlare degli altri vaccini. Chiederò la prossima volta che andrò a fare gli esami. Io sono sempre stata bene».
 
 
Miriam Fadelli era stata tra le novanta persone scelte lo scorso agosto, tra le migliaia di candidati che si erano dichiarate disponibili. Era stato il pensiero della figlia a convincerla. Alla ragazza due anni fa, quando era quindicenne, era stato diagnostica un linfoma.
 
«Se qualcuno non si fosse reso disponibile a sperimentare le cure che sto facendo, forse non potrei guarire – aveva detto la figlia – Sarò felice di dare una mano alla medicina per aiutare altri». Non essendo ancora maggiorenne, a rendersi disponibile è così stata mamma Miriam. Ad inizio settembre ha avuto il vaccino sperimentale e continua ad essere monitorata dall’ospedale Borgo Roma di Verona, che con lo Spallanzani di Roma sta seguendo il progetto.
 
Come sono andati questi mesi? 
«In totale sono otto le visite, ne ho già fatte sei, la prossima è ad inizio dicembre e l’ultima a febbraio. Sono trascorsi bene, non ho avuto effetti collaterali. L’unica cosa che ho avuto è stata una specie di leggera congiuntivite, ma era dovuta al trucco ed effettivamente poi mi è passata senza più usare il trucco. Sono sempre state seguita, anche quando ho segnalato questa cosa mi hanno fatto una visita oculistica. Non ho mai avuto febbre o altri sintomi, sono stata bene. Ogni tanto me lo dimentico che ho avuto il vaccino». 
 
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Il programma si è svolto come previsto? 
«Sì, la somministrazione è avvenuta solo la prima volta. All’inizio dovevo andare più spesso a svolgere le visite, poi una volta al mese. Viene effettuato un prelievo del sangue e una visita medica. Ho tenuto un diario e quattro schede a cadenza settimanale e non ho mai avuto una linea di febbre. Non c’è stata nessuna anomalia, mi hanno spiegato comunque di non considerarmi immune e avere sempre precauzioni. La febbre la provo ogni giorno, come regola dove lavoro, e sono sottoposta al tampone sempre al lavoro, anche quello di lunedì è risultato negativo».
 
Miriam opera in un centro per la cura della disabilità a Oderzo e quindi il tampone è obbligatorio nella struttura perché a contatto con persone fragili. 
 
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In questi giorni si assistete ad dibattito tra chi vorrebbe aperture in vista del periodo natalizio, chi invece la conferma delle norme, lei cosa ne pensa?

«Non mi sono chiusa in casa, mi muovo con le dovute attenzioni, come dovrebbero fare tutti. Capisco che alcune attività soffrono perché devono rimanere chiuse o limitate. Anche a me piace andare in giro, andare al bar a prendere il caffè, andare fuori a mangiare, quando ho potuto l’ho fatto anche in questo periodo. Ma purtroppo noto che in alcune occasioni le persone si rilassano e si fa presto a dimenticarsi del virus, come è comprensibile, tutti avremo voglia di rilassarci.

Qualche giorno fa sono stata per una cerimonia in chiesa, dove facevano entrare una persona alla volta, con posti delimitati, con controlli. Mantenere alcune chiusure credo possa avere anche un effetto psicologico, perché si pensa che il virus non esista più, come accaduto questa estate, in cui tutti ci siamo sentiti rilassati. Che sia il vaccino di ReiThera o altri, credo il vaccino sarà l’unica soluzione per uscire definitivamente da questa situazione».

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