Mobilieri esposti per legge ai falsari del made in Italy
Le imprese del legno-arredo infuriate per le norme del decreto sviluppo. Cancellano la tutela della proprietà intellettuale e autorizzano le imitazioni.
PORDENONE. Una norma piccola piccola inserita nel decreto sviluppo che, si dice, sia stata inserita nottetempo per accontentare un gruppo di artigiani toscani. Piccola cosa, si dirà. Invece per gli imprenditori del settore arredamento ha il significato del fulmine su una catasta di... mobili. La norma, infatti, elimina la tutela alla proprietà intellettuale per le opere anteriori al 2001. Che significa? Liberalizzare le imitazioni. Significa autorizzare praticamente chiunque a copiare ciò che altri hanno studiato, inventato, progettato, brevettato. Con buona pace della difesa del “made in...”.
La rabbia degli imprenditori del mobile, che nel distretto del Livenza vedono il primo distretto italiano per volumi e internazionalizzazione, è emersa all’assemblea annuale di FederlegnoArredo, svoltasi nei giorni scorsi a Senago, in provincia di Milano.
«A parole si continua a dire che dobbiamo competere posizionandoci nella fascia più alta del mercato, il che significa - spiegano gli imprenditori - investire in ricerca e innovazione e, per il nostro settore ancor più determinante, in design, poi però viene negata la difesa di queste aziende che dispiegano risorse creatività».
Ad essere colpite dalla “normicina” contenuta nel decreto sviluppo, sono proprio le aziende al top, sono quelle più esposte alla concorrenza che imita stile, disegni, forme, tessuti, materiali, senza pagarne il prezzo della ricerca, dello studio, della sperimentazione. Attendono i nuovi modelli e li copiano. Quando non arrivano a “spiare” le grandi aziende di design per presentarsi magari a qualche manifestazione internazionale con “pezzi” perfettamente clonati ma a prezzi diversi. Già combattere contro questa concorrenza sleale è difficile, le armi sono spesso spuntate. Ma trovarsi addirittura con una leggina che legittima i furbi... beh, questo è decisamente troppo.
«Non riusciamo a spiegarci le ragioni che hanno determinato la necessità, peraltro in fase di conversione del decreto - dichiara Mauro Manassero, presidente della sezione legno-arredo di Unindustria - di inserire una norma del genere, dato che la legge sulla proprietà intellettuale prevede già i limiti temporali oltre i quali decadono i brevetti per invenzione, i modelli ornamentali o di utilità; anticipare tali limiti, paradossalmente all'interno di una norma definita “decreto sviluppo”, significa non rispettare il lavoro e gli investimenti di chi opera per rimanere competitivo nei mercati attraverso azioni di ricerca ed innovazione ed è l'esatto contrario di quanto da tempo, anche come associazione di categoria, stiamo cercando di difendere».
Ai vertici di Federlegno nazionale (alla presidenza c’è Roberto Snaidero) gli imprenditori del legno-mobile-arredamento hanno affidato la loro rabbia e le loro rivendicazioni. Prima fra tutte la cancellazione dalla proposta di decreto di quella norma «assolutamente inaccettabile». Chiedono invece che la proprietà intellettuale venga difesa strenuamente, e non depennata. E propongono nuove regole sulla tracciabilità dei prodotti. Dopo l’alimentare, anche i mobilieri, dunque, pretendono la certificazione del made in Italy per consentire ai consumatori di poter scegliere consapevolmente che cosa acquistare.
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