Moira Orfei, regina del circo: a 80 anni è un’icona pop

di Roberto Canziani
Il dato più curioso non sono gli anni: ottanta che lei festeggia oggi con l'esuberanza di chi ne ha decine di meno. Il dato più curioso è il luogo dove 80 anni fa, Moira Orfei è nata: Codroipo.
E può stupire, che quel volto così familiare, quel turbante di capelli neri che tappezza per settimane muri e strade delle città in cui si accampa il circo, quell'icona "popular" del '900 italiano, abbiano avuto i natali quassù. In uno sperduto paese, quale doveva essere Codroipo nel dicembre del 1931, nel freddo e nella polvere di una piazza in cui il padre, Riccardo Orfei e la madre Violetta, avevano alzato il loro tendone per la settimana delle festività.
Lunga, più che centenaria è la tradizione della famiglia Orfei, una storia di circhi nomadi e poveri, che Miranda, rinominata Moira, ha rivoltato da capo a piedi, chissà se con l'intuito e il talento, o per un fortunato succedersi di circostanze.
«Tutto merito del cinema. È stato Dino De Laurentis a volermi così. Mi chiamavo Miranda e portavo i capelli lunghi e sciolti. Davanti allo specchio del camerino lui me li ha tirati su, me li ha raccolti a turbante, e mi ha detto: "Fatti chiamare Moira, e non cambiare mai: le donne che cambiano spesso il proprio look, non hanno personalità"».
A quel comandamento lei è rimasta fedele. Da mezzo secolo, più che una donna, Moira Orfei è icona, un santino, un marchio kitsch, che soprattutto a Natale è una parte integrante del panorama urbano. Non sono cambiati, da allora, il pesante strato di cipria, il rimmel antracite, il rossetto lampante, e il celebre neo sopra le labbra in cui si manifesta quella personalità.
«Da 50 anni mi trucco e mi pettino da sola, tutti i giorni, e in un'ora sono pronta. Il neo ce l'ho di natura, me lo scurisco e basta». Soprattutto, non è cambiata la torre di capelli neri che eleva Moira all'olimpo, anche internazionale, degli dei pop. Cioè popolari.
L'eccentricità, la schiettezza, la mentalità provinciale, l'accento irrevocabilmente emiliano sono i suoi marchi d'azienda. «Io non mi do le arie. Se uno appena sale un gradino si dà le arie, bisognerebbe ammazzarlo subito» ha ripetuto alle sue amiche, la Simona Ventura, la Mara Venier, che per anni l'hanno voluta in tv, in trasmissioni generaliste dove Moira ha naturalmente trionfato. «Domatrice di animali in pista, domatrice di pubblico sullo schermo, domatrice di uomini nella vita privata» così recita la formula per lei coniata. Perché è vero che è stata cavallerizza, trapezista, acrobata, domatrice di elefanti ed addestratrice di colombe.
Ma è anche stata un'attrice cinenatografica dall'invidiabile carriera: 47 pellicole. E non solo musicarelli, poliziotteschi o peplum. Nella sua filmografia anche titoli nobili che l'hanno vista lavorare per Pietro Germi, accanto a Mastroianni e - si racconta - rifiutare perfino la tenace corte del principe Antonio De Curtis («Totò era un uomo bruttissimo, però di grande fascino. Io il fascino non te lo so spiegare, so solo che ti senti trattata come una regina»).
Nonostante la vita nomade e il baraccone circense, certi consigli di buon senso borghese lei ha voluto sempre dispensarli. «Donne sposate, non fatevi l'amica perchè prima o poi lei si farà vostro marito».
«Il segreto di un lungo matrimonio? Non fare le corna al proprio uomo» dice abbracciandosi a Walter Nones, sposato nel 1961 e da allora manager dell'intera azienda che resta comunque fondata sul suo nome e sulla sua immagine. Così come interiormente borghese è il suo senso di casa e di famiglia.
«Abito in un caravan, ma è come se fosse una casa. Quando si viaggia è largo solo 2 metri e mezzo, quando arriviamo sul posto, si apre idraulicamente e diventa un appartamento largo 8 metri e lungo 24». Ripete fiera, muovendodi tra corridoi e stanze che ha arredato nel suo stile moiresco e kitsch, fatto di rasi, pizzi rosa, decori orientaleggianti e barocchi, specchi sul soffitto e sulle pareti.
Quella personalità, franca e pronunciata, l'ha portata nei decenni scorsi a diventare una delle beniamine della comunità gay.
Anche se, su un altro versante, non le sono oramai risparmiati i giornalieri conflitti con il movimento animalista che dice: «Quello di Moira Orfei è la peggior specie di circo, dove, dietro le luci, le musichette e i costumi ridicoli, vive la realtà di cento animali tenuti tutta la vita nelle gabbie, privati del loro habitat naturale e delle relazioni coi loro simili; costretti a trasferte interminabili; obbligati con la violenza a imparare esercizi idioti per un pubblico di beoti senza sensibilità».
Obiezioni alle quali, con disarmante franchezza risponde: «Chi ama gli animali li tiene con sé. Io adoro gli elefanti che hanno l'intelligenza di un bambino di quattro anni. Pensate che uno costa 160mila euro. Perché dovrei trattarlo male?».
Santa, o furba, ingenuità che continua a farne un personaggio fuori da ogni schema di giudizio e quasi senza tempo. Al quale tuttavia restituiscono umanità, il compleanno di oggi, i guai con la salute (5 anni fa un ictus e più tardi un incidente al ginocchio) e le immagini più recenti, che sotto l'eterno accrocchiato chignon nero ricordano, a noi più che a lei, il passare del tempo.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto