Molestava la ex: prima l’arresto, ora la pena di 6 mesi
UDINE. Il suo era stato il primo arresto per stalking compiuto in Friuli dall’introduzione del reato di cosiddetti “atti persecutori” nel codice penale. Era il 20 settembre del 2010 e Dario Benedetto, oggi 38enne e residente a Udine, già colpito da ammonimento del questore, si era giocato la libertà a causa dell’ennesimo comportamento molesto nei confronti dell’ex convivente e madre dei loro due figli: si era introdotto nella sua abitazione, scavalcando il cancello di recinzione, nel cuore della notte e nonostante il divieto di accesso a quella casa. Voleva riavvicinarsi a lei e sognava di riunificare la famiglia.
Poi, una volta scarcerato, si era ritrovato iscritto sul registro degli indagati con le accuse di stalking e violazione di domicilio: alle spalle, quasi due anni di persecuzioni, tra telefonate, sms minacciosi e appostamenti sotto casa e sul luogo di lavoro della donna. Eppure, nel frattempo, il loro rapporto sembrava essersi rasserenato. Non così per il procedimento giudiziario, approdato intanto in tribunale e concluso con una sentenza di condanna.
Il verdetto è stato pronunciato ieri dal giudice monocratico Mauro Qualizza: 6 mesi di reclusione, con la concessione dei doppi benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione. Proprio come aveva chiesto il vpo, alla fine della discussione.
Nel corso dell’istruttoria dibattimentale, era stata la stessa parte offesa, di tre anni più giovane di lui, a ridimensionare la portata della vicenda, raccontando come l’ultima fase della sua relazione con Benedetto fosse stata caratterizzata da diversi alti e bassi.
Tesi confermata anche da altri conoscenti chiamati a testimoniare in tribunale e concordi nel ricordare, su espressa domanda del difensore, avvocato Federica Tosel, le frequenti separazioni e i non meno ricorrenti riavvicinamenti della coppia.
«Ho sbagliato e pagherò - aveva dichiarato l’uomo all’uscita dalla casa circondariale, il giorno dopo l’arresto -. Mi sono comportato così per l’amore che nutro verso la mia famiglia, della quale ora intendo recuperare la stima e la fiducia».
A intervenire, la notte dell’incursione nel giardino della casa della ex, erano stati i carabinieri, chiamati in soccorso dalla stessa donna. Il “blitz” era avvenuto dopo che i due si erano incontrati in centro, la domenica di Friuli Doc: lui le aveva nuovamente chiesto di tornare assieme e lei gli aveva nuovamente risposto di no. Depresso e afflitto anche da problemi economici, Benedetto aveva continuato la serata con un amico, bevendo un bicchiere di troppo e finendo così per perdere il controllo e spingersi fino a casa dell’amata.
Quella, però, non era stata altro che la punta dell’iceberg. L’incubo, per la donna, era cominciato nel dicembre del 2008, quando Benedetto, incapace di accettare la fine della loro storia, aveva cominciato a tempestarla di telefonate e messaggini: richieste continue, le sue, associate a toni minacciosi, accompagnate a pedinamenti e appostamenti, ma intervallate anche da periodi di pace e ripresa di rapporti cordiali.
Un “tira e molla” tipico di molte relazioni, insomma, ma evidentemente segnato più dai momenti negativi, che da parentesi positive. Come quando, il 13 aprile 2010, piazzatosi sotto la sede di lavoro dell’ex compagna, l’uomo si era messo a lanciare sassolini contro la sua finestra. Quella volta era stata la polizia a intervenire e il questore a cercare di arginare le persecuzioni con l’ammonimento. Ma neppure quel “cartellino giallo” era bastato.
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